Il primo dicembre abbiamo visitato la Prandina, mettendo al centro del nostro ragionamento non solo le idee e le proposte su quello che dovrà essere il futuro di questo prestigioso luogo e il metodo per deciderlo assieme, ma tenendo salda l’attenzione su un tema che per forza di cose deve essere affrontato in maniera radicale mentre si disegna il futuro dell’area: la mobilità.
Ma non si tratta solo di riorganizzarla: i livelli allarmanti dello smog nella nostra città impongono scelte molto forti sulla riduzione del traffico, che nei prossimi anni dovranno per forza di cose diventare sistemiche, in linea con tutte le città europee.
A Padova invece continuiamo ad assistere a un dibattito che ormai non ha più ragione di esistere, basato su convinzioni ormai superate dai tempi, riassumibili nella semplificata equazione secondo più auto corrispondano a più benessere.
La polemica che abbiamo tristemente letto sui quotidiani nei giorni di allerta arancione, con i commercianti che disegnavano una “città respingente e deserta” gridando al complotto contro di loro e temendo il flop nel weekend dell’Immacolata, sono stati smentiti dai fatti. Il centro della città era affollato da migliaia di persone arrivate per le compere natalizie, per le molte iniziative proposte, o semplicemente per godersi la vitalità della città.
E ci sono arrivate nonostante le limitazioni alle auto, affollando il tram e i mezzi pubblici, dimostrando che quando si offre un servizio adeguato le persone non hanno dubbi: il trasporto pubblico è conveniente, per l’ambiente e per tutti noi.
La città ha ancora molta strada da fare per incentivare ed educare all’utilizzo del trasporto pubblico. Ad esempio nel breve periodo servirebbe potenziare le linee di autobus che raggiungono i quartieri periferici, oltre al tram. Stiamo però andando nella direzione giusta. Se ci andassimo tutti assieme, mettendo al centro solo l’interesse della città, potremmo arrivare davvero lontano.
In tal senso appare ancora più assurda l’idea di un parcheggio alla ex caserma Prandina, dipinto come una necessità impellente, pena il fallimento delle attività commerciali cittadine. Ma sappiamo che non è così, e sappiamo anche che in un futuro non troppo lontano quella sarà una zona dove correrà una linea del tram, il Sir2.
Perché non iniziamo la discussione, invece che dal park alla Prandina, da un Park scambiatore fuori dall’anello delle tangenziali con servizio BRT (Bus rapid transit) lungo via Chiesanuova, così da poter ragionare davvero della chiusura con ZTL di corso Milano, magari con due preferenziali, due corsie auto e delle piste ciclabili con alberatura?
Perché non rivediamo la funzione dello spazio antistante Porta Savonarola, di Piazza Insurrezione, di via Verdi, prendendo in considerazione la pedonalizzazione di via Dante molto richiesta da residenti e commercianti?
Perché non lo facciamo tutti assieme, in un tavolo di lavoro che coinvolga commercianti, cittadini, associazioni ambientaliste e che tenga conto delle esigenze di tutti e mettendo al centro l’unico grande interesse di tutti, la salute?
Serve un grande sforzo collettivo, serve andare oltre e ragionare in maniera sistemica ma dobbiamo guardare oltre ai singoli nostri interessi per far guardare Padova lontano. Pensiamo davvero che così facendo si possa fare non solo il bene della città, ma garantire anche un ritorno economico e non solo maggiore per tutti.
Siamo una delle città più inquinate d’Italia e questa discussione non è più rimandabile. Siamo convinti si possa fare, perché non abbiamo alcun dubbio che la nostra salute sia la priorità per tutte e tutti.
Legambiente Padova
… il trasporto pubblico (tram o metro a parte) è conveniente soltanto quando obbligate le persone a non utilizzare quello privato: ma le state obbligando, non le state convincendo.
Per quanti mq si estende la caserma Prandina? Se si vuol togliere il parcheggio da Piazza Insurrezione – e sono d’accordo – bisogna procedere con molta cautela, per non sollevare proteste forti. I commercianti tutti debbono essere profondamente coinvolti, la cittadinanza accuratamente informata e SAPER ASCOLTARE. Le trasformazioni di usi e costumi esigono chiarezza sui tempi, modi, offerte sostitutive. Non possono avere i tempi di persone che conoscono – magari imprecisamente – gli argomenti.
Nessuna decisione calata né dall’alto, né da “piani intermedi”.
Questo il mio semplice parere.