Coronavirus: una malattia, mille storie

“Fuori era primavera”, il film di Gabriele Salvatores che racconta due mesi della nostra vita segnati dalla tragedia del covid 19.

 

Un anno fa di questi tempi apparivano in televisione le immagini dalla Cina che raccontavano  i primi casi di una malattia infettiva molto contagiosa chiamata Covid 19. Ma in Italia non ci abbiamo prestato troppa attenzione, intenti come eravamo a prepararci per le festività natalizie, i regali, gli auguri, le piste da sci. E non potevamo sapere che tutto stava per cambiare. Decine e decine di migliaia di morti, stravolte le abitudini lavorative, all’aria tutti i nostri ritmi quotidiani. Il film Fuori era primavera di Gabriele Salvatores è il racconto per immagini e testimonianze di come abbiamo vissuto questa tragedia dal 24 marzo al 30 maggio.

Non è un documentario sul COVID 19 l’opera “Fuori era Primavera” di Gabriele Salvatores, anche lui colpito – sebbene in forma lieve – dalla malattia; non è la cronaca puntuale di quel fenomeno che ha caratterizzato il 2020 come annus horribilis a livello mondiale.

È invece una vera e propria opera collettiva, un collage di storie, sentimenti, emozioni, prodotto da migliaia di cittadini italiani con video amatoriali nel corso della prima fase della malattia, caratterizzata da sorpresa, impreparazione, paura.

E in questa sorta di grande caleidoscopio si alternano vecchi e bambini, sofferenza e gioco, rimpianti e speranze, paura e coraggio, dolore e solidarietà.  Testimonianze che ci raccontano di come questa pandemia ha stravolto le nostre vite, ci ha costretto a ridisegnare gli spazi, a rinunciare alla nostra socialità abituale, a privarci dell’affettività. Ma anche a riscoprire il piacere di aiutare chi a più bisogno, come l’esperienza dello Zen di Palermo.

E poi la sofferenza e la morte, ancora più dura da accettare, perché come dice un operatore sanitario “non c’è più il momento del trapasso”, l’ora del commiato, la persona cara “sparisce” ed è ancora più difficile elaborare il lutto. A meno che ti capiti di essere più “fortunato” e di poter contare sulla presenza di chi attraverso la stretta di una mano e la voce dei familiari riesce con la sua emozione a trasmettere al morente l’ultimo abbraccio ideale. Una delle scene più toccanti del film, che fa da contraltare al racconto del figlio che piange le esequie solitarie del padre che aveva avuto nove figli e che avrebbe voluto un funerale partecipato e festoso.

Covid però non significa solo malattia, ma anche allontanamento dalle persone care, surmenage lavorativo degli operatori sanitari, rivolta nelle carceri, palestre vuote, stadi deserti, teatri senza spettacoli, la fatica della didattica a distanza, lo sfruttamento del lavoro come ben rappresentato dal rider che attraversa la città deserta rimuginando sui suoi miseri guadagni.

E non da ultimo la considerazione che anche l’Uomo ha rappresentato per la Natura una sorte di “virus” che ha depauperato e distrutto catene alimentari, ambiente, risorse, equilibri e che forse il Coronavirus è una sorte di male che ci torna indietro.

“Fuori era primavera” si può vedere sulla piattaforma on line di Rai Play ed è in programma su Rai 3 il prossimo 2 gennaio in prima serata. Il film si dimostra un’opera originale ed intensa che ha il merito di rappresentare la memoria collettiva del nostro Paese costretto in poco tempo ad adattarsi ad uno sconvolgente fenomeno sconosciuto ed inaspettato.

Mauro Dal Santo, Redazione Ecopolis