L’azione del gruppo “Manifesto per Padova senza razzismo e discriminazione religiosa”, sorto nel luglio 2014 all’indomani dell’insediamento della giunta Bitonci e ora composto da oltre 600 aderenti, si è finora caratterizzata soprattutto per interventi sul piano culturale.
Ora, in piena crisi politico-istituzionale, serve impegno anche su iniziative concrete per incidere sulle sensibilità di fasce sociali in cui prevalgono il disagio e l’esigenza di sicurezza, indotti dalla forte produzione di allarme sociale realizzata dall’ex sindaco.
Troppo lungo sarebbe l’elenco dei fatti alla base di questo fenomeno. Basti citare la persecuzione dei poveri e dei mendicanti invece di iniziative per ridurre le cause della povertà; l’ uso di barbarie linguistica e la tolleranza di ostilità fisica nei confronti dei migranti, indistintamente bollati come clandestini; la xenofoba difesa di presunte peculiarità culturali e identitarie in una città, al contrario, storicamente aperta all’universalità della cultura e all’accoglienza.
Riteniamo indispensabile un metodo e un percorso operativo di iniziative partendo dall’analisi del fallimento dell’amministrazione comunale. Impressionante è lo scarto fra le promesse annunciate e il vuoto di risultati positivi, innegabile anche da parte dei suoi stessi sostenitori. Infatti, quanto al cosiddetto degrado sociale e urbano, l’amministrazione paradossalmente presenta al suo attivo una serie di chiusure: quella di spazi pubblici per l’esercizio di culti diversi dai tradizionali, quella dei locali pubblici con danni economici per persone comunque impegnate in forme di legittima imprenditoria, pur diversa da quelle tradizionali e quindi da ostacolare arbitrariamente.
A questo proposito non è stato favorito il dialogo fra associazioni di categoria, ma viceversa ne ha ispirato la contrapposizione, per crearsi una corte con una certa parte di commercianti. L’ossessiva volontà di modellare la città a propria immagine si è espressa in vari modi da parte del sedicente “sindaco di tutti”. L’invio della polizia comunale alle Cucine Popolari ha avuto il risultato della pacata solidarietà del Vescovo, recatosi a pranzo l’indomani, come efficace lezione di carità cristiana agli antipodi delle ridicole marce leghiste guidate da un sindaco con esibizione mediatica di pezzetti di legno incrociati.
Su di un altro piano, prova dell’oscurantismo culturale insediatosi a Palazzo Moroni (fortino blindato e opaco) è stata la cancellazione della prestigiosa Fiera delle Parole, sostituita con la penosa invenzione di una Babele di modestissima levatura, purtroppo anche utile pedana per alcuni intellettuali (o presunti tali) disponibili a compiacere qualunque potere. La nostra disponibilità è totale nel collaborare alla messa a punto di un metodo antitetico alle trite mediazioni politiche vecchia maniera, inadatte per capire i bisogni dei cittadini d una città ancor più frantumata che in passato. Punto fondamentale di un simile metodo è l’elaborazione di un programma condiviso prima di qualsiasi scomposta contesa (purtroppo già in atto) per l’identificazione del candidato sindaco.
È quindi indispensabile l’apertura di un tavolo di confronto tra forze politiche e quei soggetti dell’associazionismo progressista (laico ed ecclesiale) che finora si sono impegnati nel creare i presupposti per la rinascita di una città dalle antiche tradizioni storiche, culturali, artistiche depresse dall’amministrazione leghista. Priorità di un programma dev’essere l’assunzione di un valore di fondo: l’impegno nel ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche, con l’ascolto di chi vive il disagio per mancanza di lavoro e di sicurezza (aspetti che tagliano orizzontalmente la distinzione fra generazioni); favorire con opportune misure l’inclusione e l’integrazione dei migranti.
Il nostro gruppo intende proporsi come strumento per la sviluppo di una “opinione diffusa” non solo on grado di influire in questa fase di dibattito, ma anche di interloquire con la futura amministrazione. Le attività dell’associazionismo di base a vario titolo hanno contribuito a evidenziare i disvalori su cui Bitonci aveva basato il suo ingannevole successo. Si tratta di una preziosa base di partenza per definire una visione realmente condivisa per il futuro di Padova. Se così non fosse si accentuerebbe la sterile corsa al nome del candidato sindaco, mentre la vera novità dev’essere quella di adottare un metodo, purtroppo mai realizzato in passato con conseguenze deleterie che non si possono dimenticare, come il successo del sindaco Giustina Destro. Solo in questo modo sarà possibile trovare un collante fra le varie componenti sociali realmente interessate a rivitalizzare le ricchezze storiche, culturali, scientifiche e artistiche di Padova come luogo nevralgico del Nordest.
Quanto fin qui proposto rischia, però, la velleità se non si riuscirà a mettere a punto forme di comunicazione e dialogo anche con le componenti sociali che in qualche misura avevano optato per il sostegno a Bitonci. Padova, infatti, è anche un rilevante centro di attività commerciali, artigianali e di piccola imprenditoria. Occorre andare oltre le tradizionali differenziazioni fra gruppi sociali che la propaganda bitonciana si è fortemente impegnata a contrapporre fra loro.
In sintesi, su questo insieme di valori, di metodo e di contenuti confermiamo la nostra disponibilità alla collaborazione con altri gruppi e associazioni, per un serio confronto con le forze politiche progressiste. Le scorciatoie tipiche dei vecchi metodi politici condurrebbero inesorabilmente a soluzioni autolesioniste indegne della nostra città.
Padova, 10 dicembre 2016
Umberto Curi, Giovanni Palombarini, Donatella Schnidt,
Caterina Virdis Limentani, Giuseppe Mosconi, Renato Rizzo
per contatti – email: manifestoperpadova@gmail.com