L’araba fenice della moratoria edilizia

Abbiamo preso atto, ad inizio estate, di alcune esternazioni di importanti figure istituzionalisulla necessità di porre un freno al consumo di suolo.Mi riferisco all’annuncio, da parte del ministro delle politiche agricole Mario Catania, di un provvedimento legislativo dedicato a questo problema e di un’intervista in cui il Presidente della Regione evoca per il Veneto una moratoria edilizia, sul modello di una recente legge svizzera.

La proposta del nostro Governatore, fatta a livello personale ma subito condivisa niente meno che dall’Associazione dei Costruttori Edili, va accolta con il massimo interesse, ma l’annuncio non basta, vorremmo qualche atto concreto. Anche perché Zaia, prima come ministro dell’Agricoltura e poi come Presidente della Regione non può dirsi estraneo alle politiche urbanistiche della Regione, che hanno portato a quel disordine edilizio da cui ora tutti prendono le distanze.

Attendiamo quindi che sulla moratoria edilizia si apra quella discussione, di cui ancora non si vede traccia, che dovrà interessare anche quegli interventi di urbanizzazione a scala vasta, ammessi dal PTRC (Piano Territoriale Regionale di Coordinamento), che prevedono colate di cemento per alcuni milioni di metri cubi, e di cui Veneto City a Dolo, Marco Polo City a Tessera, Motor City a Verona rappresentano solo i casi più noti.

La moratoria, però, per produrre effetti certi e duraturi sul territorio, deve essere preceduta dalla verifica del corretto dimensionamento delle previsioni urbanistiche dei singoli comuni. Si ha ragione di ritenere, infatti, che la stragrande maggioranza dei Piani di Assetto del Territorio comunali (PAT) ed intercomunali (PATI), approvati o in attesa di approvazione, sia stata sovradimensionata.

Il PAT di Padova, ad esempio, è stato dimensionato aggiungendo alla volumetria ancora edificabile sulla base del vecchio Piano Regolatore, pari a 2.607.892 metri cubi per 13.443 abitanti insediabili, ulteriori 2.084.232 mc (altri 10.742 abitanti previsti). In sostanza nell’arco temporale di validità del piano (2009-2019) è previsto un incremento di popolazione (rispetto ai 212.989 del 2009) di 24.185 abitanti, per un volume edificabile totale di 4.692.124 metri cubi.

Ora ci si chiede quale sia il grado di attendibilità di queste previsioni, soprattutto a fronte della attuale crisi economica. Alla stagnazione economica si accompagna infatti quella demografica, soprattutto nella componente migratoria che è scoraggiata dalla mancanza di opportunità di lavoro. Inoltre la stessa attività edilizia, che dovrebbe fornire gli alloggi per i futuri residenti, sta subendo per effetto della crisi un drastico rallentamento, tant’è che quasi tutte le lottizzazioni approvate negli ultimi anni sono ferme per mancanza di domanda e di finanziamenti.

Si dice che la ripresa nel nostro paese non partirà prima del 2014 e ovviamente sarà lenta. Ma nel 2014 sarà già trascorso metà dell’arco temporale di dimensionamento del PAT e sicuramente l’incremento di popolazione (se mai ci sarà) sarà assai inferiore del previsto. Chi mai può pensare che nei 5 anni che mancheranno al 2019 si insedieranno a Padova più di 24.000 abitanti? Non v’è dubbio quindi che gli oltre 4 milioni di metri cubi previsti per ospitare questo incremento di popolazione sono del tutto ingiustificati.

La consapevolezza di una errata programmazione urbanistica dovrebbe indurre gli stessi comuni a rivedere al ribasso le previsioni dei propri Piani urbanistici, ma dubitiamo fortemente che ciò accada. Chiediamo quindi al governatore Zaia che, al fine di garantire una reale limitazione al consumo di territorio, eserciti il potere di controllo sulla correttezza della programmazione edilizia dei comuni, investendo di tale compito i rappresentanti regionali e provinciali che saranno nominati all’interno delle conferenze dei servizi che dovranno approvare i PAT ed i PATI.

Lorenzo Cabrelle – Legambiente Padova