Sono già più di 70 i Consigli comunali che a partire dall’inizio di quest’anno hanno adottato l’ordine del giorno per il riconoscimento internazionale del diritto alla pace come diritto fondamentale della persona e dei popoli.
L’iniziativa è stata lanciata dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani che ha fatto propria la proposta del Centro di Ateneo per i Diritti Umani dell’Università di Padova e della collegata Cattedra Unesco Diritti umani, democrazia e pace.
Con questa iniziativa di alto rilievo politico, perché mina in radice il sistema di potere militare nazionale e transnazionale che si alimenta con la produzione e il commercio di armi, le Città chiedono al Governo Italiano e all’Unione Europea di cambiare passo e di sostenere il processo avviato in seno al Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite per l’adozione di una Dichiarazione delle NU sul diritto umano alla pace. L’apposito Gruppo di lavoro intergovernativo del Consiglio ha elaborato un primo progetto di Dichiarazione. Il documento contiene concetti e precetti rivoluzionari per il tradizionale modo di concepire il diritto e la politica internazionali.
I membri permanenti del Consiglio di sicurezza, Stati Uniti e Russia in testa, hanno manifestato con forza la loro netta opposizione. L’Unione Europea deve essere riportata alla sua identità originaria, quella tracciata all’indomani della seconda guerra mondiale dai suoi padri fondatori, pacifisti senza se e senza ma, e più di recente costituzionalizzata nel Preambolo e negli articoli 2, 3, 6 e 21 del Trattato di Lisbona e riconosciuta di fronte all’opinione pubblica mondiale con il conferimento del Premio Nobel per la Pace.
La persistente contrarietà di molti Stati discende dalla consapevolezza che, una volta riconosciuto il diritto umano alla pace, su di essi incomberebbe il duplice obbligo giuridico di cancellare lo ius ad bellum quale attributo forte della loro sovranità, e di adempiere al dovere della pace, con la conseguenza che la violazione del diritto alla pace si configurerebbe come un crimine sanzionabile ai sensi del diritto internazionale.
La posta in gioco è molto alta poiché investe direttamente la concezione dell’ordine mondiale e della stessa ‘forma Stato’ nei suoi tradizionali attributi belligeni di sovranità: ecco perché il diritto umano alla pace è tuttora privo di formale riconoscimento nel vigente Diritto internazionale.
Per il movimento per la pace si tratta di un’occasione storica, forse non ripetibile. Ma potrebbe anche essere il coronamento di una strategia coerente, coraggiosa, action- e policy-oriented e alla fine vincente. […] Il movimento pacifista italiano deve portare avanti questa campagna coagulando attorno a sé movimenti e gruppi associativi di altri Paesi, in modo da creare una robusta massa critica popolare transnazionale capace di coinvolgere l’opinione pubblica e di influire sull’operato dei Governi.
Gli enti locali devono diventare la forza motrice di questo movimento. Il mandato se lo sono conquistato sul campo. Dal 1991 infatti migliaia di Comuni, anche a seguito della Legge 8 giugno 1990 n. 142 sull’ordinamento delle autonomie locali, hanno inserito nel loro Statuto la cosiddetta “norma pace diritti umani”. Ne discende che il movimento pacifista italiano è pienamente legittimato a far conoscere in sede mondiale la sua pionieristica, esemplare esperienza e ad avviare un’ampia e capillare mobilitazione di idee e di azioni affinchè l’iniziativa delle Nazioni Unite abbia successo.
I prossimi appuntamenti sono la manifestazione all’Arena di Verona il prossimo 25 aprile, la consegna nel mese di luglio da parte di una delegazione di Sindaci di centinaia di ordini del giorno comunali sul diritto umano alla pace al Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra e infine la grande Marcia per la Pace Perugia-Assisi del 19 ottobre 2014.
Marco Mascia, Direttore del Centro di Ateneo per i Diritti Umani dell’Università di Padova