Il bosco è cambiato con noi e noi abbiamo cambiato il nostro modo di pensarlo

campo sentieri parco1Siamo arrivati a San Pietro lunedì notte. Nel percorso dalla stazione di Teramo al nostro alloggio una nebbia fittissima mi ha impedito di accorgermi subito della bellezza del posto in cui avrei lavorato fino al lunedì successivo“.

Inizia così il diaro-racconto di Alessandra, una socia e volontaria padovana che ha partecipato a un campo sul Gran Sasso: “I sentieri della rinascita: campi di solidarietà nelle aree terremotate”. E’ un progetto di volontariato (maggiori info qui ) promosso da Legambiente nelle aree dell’Italia centrale colpite dallo sciame sismico lo scorso anno.
In tanti si sono messi a disposizione per recuperare la rete di sentieri nei Parchi della zona e per dare un segnale di vicinanza a quelle comunità che stanno facendo fatica a ricominciare. Alessandra Paccagnella ci racconta cosa si fa, la bellezza di dove si viene ospitati e come ci si sente.

Al mattino, appena alzata, per tutti e 7 i giorni del campo, la prima cosa che avevo voglia di fare era spostare la tenda della finestra, e dalla cucina della Scuola Verde guardare la cima del Gran Sasso; ogni mattina, sempre lo stesso fascino, sia quando c’era la luce del sole che quando le nuvole nascondevano le vette. Nel frattempo l’odore del caffè aveva già invaso la cucina e subito ci ritrovavamo tutti e sei i partecipanti al grande tavolo a fare colazione. All’arrivo di Giuliano, il magnifico direttore del campo, si pianificava insieme la giornata, e poi ci si metteva in cammino per il bosco.

La strada dalla Scuola Verde al sentiero dove abbiamo lavorato è breve, si sale, si incontrano i gentili volti degli abitanti di San Pietro, frazione di Isola del Gran Sasso, e si entra nel bosco. Camminando nel silenzio, si arriva ad un primo punto panoramico: questo pezzo di sentiero era stato liberato nelle settimane di campo precedenti. Continuando il sentiero arriviamo alla fonte dell’Acquatina, e al nostro luogo di lavoro.

Ogni giorno si dividevano le cose da fare: alcuni erano addetti a raccogliere le pietre, altri a liberare il sentiero da vecchi rami e vegetazione, altri a fare buche per i paletti che servono a reggere la corda che farà da guida ai non vedenti durante il percorso. Sì, ai non vedenti, perché la particolarità del sentiero a cui abbiamo lavorato è quella di essere un sentiero per tutti, davvero per tutti, non sono molti in Italia.

Altro lavoro al quale ci siamo dedicati è stata la costruzione di uno stagno per il misterioso rospo Ululone, dal petto giallo, che per l’intera settimana ci ha fatto da mascotte, ma che non abbiamo mai avuto l’onore di vedere. Intorno alle 14, chi aveva voglia di cucinare rientrava e iniziava a preparare per tutti.

Uno dei nostri pomeriggi lo abbiamo trascorso al Giardino Officinale di Propezzano, dove abbiamo avuto il piacere di riscoprire la genuinità di alcuni prodotti locali di antica tradizione, il profumo autentico di piante ed aromi, nonché sorprendenti curiosità botaniche.

Sabato 4 novembre abbiamo deciso di concederci una “pausa relax”: sveglia alle 4 del mattino, destinazione Diga di Campotosto. Usciti di casa con il buio e una luna piena mozzafiato, avremmo voluto vedere l’alba, alba però che per noi non c’è  stata, perché durante il viaggio una nebbia persistente ci ha accompagnati. E perché insoliti cavalli selvatici, sbucati dal nulla, hanno rallentato il nostro viaggio. All’arrivo era già giorno e Carlo era già al lavoro.

Il posto in cui si svolge il monitoraggio degli uccelli è un posto fantastico, che ha mutato il suo aspetto da pochi mesi: la diga è stata svuotata poiché è stato qui l’epicentro di uno dei tanti terremoti che hanno colpito la zona, e così, ora più che una diga d’acqua è una diga di nuvole, che ospita durante il giorno molte specie di volatili. Abbiamo avuto l’onore di assistere all’attività di inanellamento: Carlo, esperto della Stazione Ornitologica Abruzzese nonché instancabile volontario della Lipu, con la sua passione, ci ha fatto ammirare da vicino numerose specie di uccelli, facendoci capire meglio l’enorme importanza di questa attività che permette di comprendere gli spostamenti migratori.

I giorni sono trascorsi in questo modo stupendo, faticando con passione, senza mai un attimo di noia, tra chiacchiere simpatiche e discorsi profondi, inevitabili ad un anno esatto di distanza dal terremoto che si è abbattuto su queste terre d’Abruzzo.

Giorno dopo giorno, le foglie hanno cambiato colore, profumo, il bosco è cambiato con noi e noi abbiamo cambiato il nostro modo di pensarlo, abbiamo imparato a capirlo, a viverlo con rispetto ed ammirazione. Insieme, in una sola settimana, noi sette, nel nostro piccolo, abbiamo realizzato che il lavoro di gruppo, fatto con passione, nell’ottica di fare del bene agli altri e alla natura, è un grande passo verso il cambiamento.

Alessandra Paccagnella – volontaria Legambiente

a cura della redazione di ecopolis