Tralasciando i digestori industriali, che non interessano questo articolo, premettiamo che il biogas è, a nostro parere, una buona fonte di energia rinnovabile: per molti motivi, dalla riduzione di emissioni da fonte fossile all’integrazione del reddito agricolo tramite la vendita di biogas raffinato.
A patto, certo, che la filiera tra produttori di biomasse e luoghi di produzione sia corta; che le biomasse siano scarti di lavorazione o comunque non intacchino la produzione di cibo; che venga cogenerata energia termica per usi di teleriscaldamento; che il prodotto della digestione anaerobica sia garantito non dannoso per la salute umana, e impiegato come fertilizzante o ammendante. Altrimenti, tutti i benefici del biogas verrebbero vanificati.
Facile dunque disegnare un impianto ideale: costruito e gestito da una cooperativa di agricoltori, interessati a ridurre la loro spesa energetica con un investimento in questa tecnologia; locato sul baricentro dei terreni interessati, in modo da ottimizzare le distanze di approvvigionamento della biomassa; alimentato con biomasse prodotte dagli stessi membri della cooperativa, come integrazione delle loro normali attività di agricoltura. Purtroppo la normativa attuale non privilegia un impianto di questo tipo, ma indifferenziatamente qualsiasi impianto a biomassa. Due sono gli impianti biogas approvati nel territorio della bassa padovana: l’impianto Sesa in comune di Este, e l’impianto Agrisolar in comune di Ospedaletto.
L’impianto SESA ha chiesto e ottenuto l’approvazione per un impianto a biogas con produzione di energia elettrica e calore da 999 kWe e circa 600 kWt. Da alcuni punti di vista l’impianto è ottimo: sposa la filosofia della cogenerazione del calore oltre che all’energia elettrica, ed è costruito e gestito da una società a partecipazione pubblica con esperienza nel campo del gas da discarica e del trattamento della FORSU. Sotto altri aspetti però, è legittimo porsi delle domande: non è chiara la provenienza delle biomasse in ingresso (non è certificato il reperimento di queste ultime da fonti limitrofe), e l’elevata potenza elettrica prodotta è piegata alla legge del maggior profitto.
L’impianto dell’azienda AGRISOLAR dovrebbe essere alimentato sia da effluenti di origine zootecnica che da biomasse vegetali. Le biomasse utilizzate sarebbero per metà interne per metà esterne, mentre la potenza nominale dell’impianto è di 999 kWe, con una potenza termica di 570 kWt. La potenza termica verrà usata per riscaldare il digestore e quindi, tramite teleriscaldamento, delle stalle e un’abitazione. Anche qui, si possono trovare punti di forza e alcune criticità: tra i primi, rientra il modo pulito ed efficiente per gestire gli effluenti zootecnici (pollina), e l’uso locale con cui viene impiegata la potenza termica; tra le seconde, la poca chiarezza sulla provenienza delle biomasse (non viene assicurato l’acquisto dal mercato locale), e l’elevata potenza elettrica prodotta rispetto all’autosufficienza con prodotti dell’azienda.
La maggiore preoccupazione è data dal reperimento delle biomasse sul mercato: per quasi la metà, questi impianti saranno alimentati con biomassa “esterna”. Esterna, cioè da dove? Le aziende che gestiscono gli impianti non danno garanzie sul fatto che sia reperita sul territorio, ma si riservano di comprarla “sul mercato”. Questa critica si collega anche alla generazione di energia elettrica, ritenuta da noi sovradimensionata rispetto ad un buon rapporto tra superficie coltivabile e produzione di biogas.
Infatti, se per mantenere una produzione di 999 kWe è necessario acquistare dal mercato il 46% di biomassa rispetto al totale, come fa Agrisolar, non sarebbe stato più ecologicamente compatibile costruire un impianto da 500 kWe o meno? In altre parole, dimensionare il digestore ed il motore endotermico per poter funzionare unicamente con la produzione propria?
Un’ottica di cooperazione tra popolazione e aziende, a nostro avviso, si può ancora raggiungere. Infatti, se da un lato questi impianti sono visti positivamente, dall’altro si presenta la necessità, per la popolazione ma anche per le stesse aziende, di un monitoraggio costante dell’attività. In altre parole, chiediamo che le aziende che possiedono e gestiscono questo tipo di impianti pubblicasseroin un sito internet dedicato i dati di funzionamento degli stessi (giornalieri). Strumento vantaggioso per tutti, perché ha costi convenienti e garantisce una trasparenza positiva.
Per il Circolo Legambiente “dai Colli all’Adige” di Este, dott. Francesco Marcolin – Riassunto a cura della Redazione di Ecopolis