È arrivata la cosiddetta “seconda ondata” e a farne le spese anche stavolta sono soprattutto i giovani, gli studenti, che vedono sfilacciarsi di nuovo le relazioni, i desideri, il futuro.
La pandemia globale da covid-19 ha portato a gravissime conseguenze in ambito economico, ciò che non viene altrettanto spesso preso in esame sono invece le conseguenze psico-sociali che le misure restrittive hanno sulla nostra società. Queste ultime sono ancora meno prese in considerazione se si tratta di giovani e adolescenti, sono infatti le fasce più colpite a livello sociale.
Il confronto e l’interazione sociale con i coetanei sono fondamentali nell’età dello sviluppo e non solo, ma nella realtà dei fatti sono proprio i giovani a non essere interpellati per quanto riguarda le decisioni sulla loro quotidianità: fin troppo spesso etichettati superficialmente come una generazione di fannulloni, i giovani di oggi si vedono invece negati i ”migliori anni” della loro vita senza che nessuno se ne occupi.
La verità è che non siamo automi, siamo ragazzi e ragazze spesso utilizzati come capri espiatori, studenti e studentesse che fino ad ora si sono visti portare via tutti gli ambienti e spazi di crescita e confronto, a partire da scuole e università, ma che si sono trovati colpevolizzati per una fantomatica movida che ha più mito che realtà.
L’istruzione è stato il primo sacrificio del paese, e continua ad esserlo anche durante questa secondo semi-lockdown. Le misure restrittive sono state indubbiamente necessarie durante un’emergenza di questa portata, ma le priorità del governo evidenziano quanto l’agenda politica del nostro paese sia miope e in lampante ritardo su elaborazione, analisi e tempistiche.
La pandemia ed il risultato della didattica a distanza degli ultimi mesi non fanno altro che evidenziare i già presenti problemi nel mondo dell’istruzione “tradizionale”, un sistema obsoleto e fermo a settanta anni fa, incorniciato da pura didattica frontale e un diritto allo studio mutilato. Sono tanti, anzi tantissimi, gli studenti e studentesse che non hanno un computer, una connessione stabile per seguire le lezioni online. Ma ancor più palese si sono rese l’eterogeneità e le differenze tra studenti sulla base del reddito e del tessuto socioculturale delle famiglie. È allarmante che queste situazioni non siano differenti da quelle pre-pandemiche o di “normalità”, ma solo più facilmente riconoscibili ed evidenti.
La didattica frontale asportata on-line risulta essere ancora più alienante ed inefficace, sommando al poco coinvolgimento della didattica frontale anche l’ostacolo fisico e psicologico di un monitor. La facciata iniziale della didattica a distanza come un metodo alternativo è infatti crollata sotto agli occhi degli studenti nel momento in cui si sono accorti che intervenire durante le lezioni, creare dibattito e ”gruppo” risulta impossibile. Mancando precedenti storici ci siamo trovati tutti completamente abbandonati, senza tutele, statuti e punti fermi.
Se di didattica alternativa vogliamo parlare dobbiamo intervenire alla base, dal rapporto docente-discente, all’approccio al sapere, dalla valutazione (piaga della didattica digitale) ai compiti per casa. Ridisegnare un sistema scolastico non è scontato, ma questa pandemia ci ha sbattuto la verità in faccia: la scuola italiana deve essere smantellata e ricostruita su nuove basi.
Martina Buffolo, Nicolò Silvoni, Redazione Ecopolis
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