I candidati fanno finta di dimenticare che la crisi provocata dai cambiamenti climatici in atto impone scelte radicali di azzeramento delle emissioni in tutti settori nonché strategie di adattamento.
In un mondo che sta consumando le risorse naturali ad un ritmo insostenibile e nel quale la competizione per l’accaparramento sta raggiungendo livelli di tensione preoccupanti, l’Italia rischia di perdere ogni ruolo, anche economico, se non riuscirà a cambiare rapidamente. Per di più, il nostro Paese è in una delle aree geografiche più esposte agli effetti del cambiamento climatico: rischiamo ondate di calore e siccità o piogge alluvionali sempre più frequenti. La decarbonizzazione e l’uso efficiente delle risorse non sono un’opzione possibile, ma l’unica speranza di futuro per l’Italia.
Finora si sono registrati provvedimenti legislativi spot; accanto a essi ben più pesanti sono state le azioni in senso contrario. Le energie rinnovabili sono oggi una realtà importante per l’approvvigionamento energetico; in 5 anni sono stati installati oltre 480.000 impianti fotovoltaici per un totale 17GW di potenza facendo un passo avanti anche nella democratizzazione della produzione energetica. Parallelamente c’è stata una azione politica costante a favore del mantenimento del modello esistente, drenando investimenti dai settori strategici della green economy. E’ avvenuto con lo stop previsto per luglio alle detrazioni del 55% per l’efficienza energetica e mettendo mano agli incentivi in modo assolutamente sconsiderato, generando incertezza per gli investimenti e mettendo in forte crisi il settore.
Le politiche attuate sono state caratterizzate anche da una sorta di anarchia energetica, frutto di un malinteso liberismo che ha negato il ruolo strategico dello Stato nell’avere una visione del futuro a tutela dell’interesse collettivo e non di quello di singole lobby. L’assurdo è stato prevedere un sistema di remunerazione delle centrali più inquinanti, che viola ogni regola europea sugli aiuti di Stato e che rappresenta un vero e proprio sussidio ai combustibili fossili.
Oggi non c’è la necessità di realizzare nuove centrali a combustibili fossili. Secondo i dati di Terna, la potenza totale producibile delle centrali termoelettriche è di 78mila MW, a cui vanno sommati 45mila MW derivanti dalle fonti rinnovabili. Storicamente la massima richiesta alla rete in Italia è di 56.822 MW. Eppure ci sono 6 centrali in fase di realizzazione e 38 in fase di autorizzazione.
Da tempo si discute di una strategia energetica nazionale. E’ stata solo abbozzata, comunque condizionata dagli interessi dei grandi gruppi industriali che hanno una posizione dominante nel settore delle fonti energetiche di origine fossile.
Al contrario è necessario definire una Roadmap di decarbonizzazione che abbracci tutti i settori per perseguire l’obiettivo del “Zero Carbonio” entro il 2050; redigere un Piano per l’Efficienza Energetica in tutti i settori fissando obiettivi nazionali e regionali obbligatori più ambiziosi di quelli previsti dalle normative europee; fissare l’obiettivo 100% rinnovabili entro il 2050 con la modulazione degli incentivi e di altre leve (anche fiscali); predisporre un progetto di transizione con la progressiva chiusura delle centrali alimentate con i combustibili fossili,a partire da quelle a carbone (il più devastante per il clima e la salute); ripensare al sistema di distribuzione dell’energia investendo su reti intelligenti basate sulla produzione diffusa da fonti rinnovabili.
In chiave padovana questo significa avere un piano cittadino per l’efficienza energetica coraggioso e all’avanguardia, in grado trasformare drasticamente l’assetto energivoro degli edifici esistenti siano essi privati, pubblici, commerciali o industriali; promuovere le energie rinnovabili non accontentandosi dei buoni risultati ottenuti ma ponendosi l’obiettivo di una città a zero emissioni (PadovAzeroCO2) entro il 2050; adottare politiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici in ambito urbano come spina dorsale del programma delle prossime giunte.
Implementando tutto ciò si potrà creare una nuova spinta economica e culturale in grado di creare, in discontinuità con le politiche attuali, una smart-city non basata sulle grandi opere isolate o sulla speculazione edilizia ma su un piano strategico generale di riconversione ecologica della città fatto di azioni capaci di creare futuro.
Beh, si possono anche fare i nomi:
il Ministro Romani (PDL) e il Ministro Passera (con Monti al governo tecnico) hanno messo in ginocchio la strada italiana del solare (maggio 2011 e luglio 2012).
Andate a chiedere se li voteranno agli ingegneri, tecnici, impiegati o operai di ditte come la SOLON di Carmignano, la Xgroup di Pernumia o la Easyenergy di Ponte San Nicolò.
Credo che loro se lo ricorderanno cosa hanno distrutto e non li voteranno!
E così dobbiamo ricordarcene tutti noi ambientalisti ma anche semplicemente padovani che vedevano crescere un distretto produttivo che ora non c’è più.