Piazza Gasparotto ancora una volta pretesto per accendere la vecchia polemica sui senza dimora per usarli come clava politica.
Che noia.
Di fronte all’ennesima riproposizione di allarmi da parte di chi non corre pericoli, negli articoli che da settimane tempestano Piazza Gasparotto con i proclami e le accuse di una certa parte della politica locale, il mio primo impulso è quello di escludere, spegnere il microfono a qualche incompetente che per il gusto di dire “Quando c’ero io i manganelli arrivavano in orario”, parla di cose che non conosce con una finta aura di autorità e forza. Un’aura che si dissolve nel ridicolo, quando ripenso a Filippo Ascierto, esponente di FdI, che nella sua permanenza in un locale della Piazza aveva promesso case per tutti i senza fissa dimora.
Quindi ecco un po’ di gratuite correzioni:
Periodicamente i titoli dei giornali ci dicono che scoppia una polemica e che quella polemica riguarda Piazza Gasparotto. Ma non c’è nessuna nuova polemica, la polemica c’è sempre stata ed è lo scontro politico che non si può esaurire: c’è chi scriverà “tendopoli” per venti? trenta? persone che non sanno dove andare, spesso persone vittime delle politiche migratorie ormai sdoganate negli anni, c’è chi continuerà a dire “che schifo, la gente che dorme per strada, che schifo, la gente che stende gli abiti ad asciugare sui muri”. Peccato che non propongano niente se non, come dice ad esempio Eleonora Mosco: più repressione, più pulizia, una spazzata e mandateli da qualche altra parte, in un altro angolo cieco di cui parlerò nel mio prossimo quarto d’ora di celebrità.
E dall’altro lato c’è chi subisce la violenza e la criminalità che avvengono in quartiere che però risponderà con le proposte a lungo termine, con cose su cui bisogna investire, economicamente e politicamente. Il Comune di fronte a questo in passato si è trovato nelle forti contraddizioni di cui abbiamo sentito parlare: da un lato il lavoro dei Servizi Sociali, il sostegno e la collaborazione con i professionisti che instancabilmente percorrono le aree più complesse per parlare, intervenire, ridurre i rischi per chi consuma e per chi vive in strada; dall’altro lato, segnali di “controllo del territorio”, li virgoletto perché così sono stati rivendicati, e nello specifico erano scortare in Piazza l’APS, che un mese fa ha buttato via coperte, zaini, vestiti delle persone. Le persone non sono andate via, non hanno trovato ospitalità: sono in piazza, con qualche coperta o felpa in meno. E anche se assistiamo ad un ottobre caldissimo, e anche se è ridondante dirlo: la notte fuori non la reggi senza un riparo.
Quello che mi piace sperare, e che vorrei fosse altrettanto rivendicato, è che il Comune, a differenza di chi parla a caso sui giornali, non si nutre di questa polemica, Perché noi di rabbia e delusione ne abbiamo in quantità, siamo stremati, e non semplicemente per le scene da panico che a volte abbiamo visto e di cui siamo stati partecipi, ma per le difficoltà costanti che incontriamo e che a volte ci obbligano a fermarci, per il costante equilibrio tra il rapporto che cerchiamo di intessere con alcune persone della Piazza, che stanno facendo un percorso di emancipazione e di crescita, e la necessità di garantire la sicurezza di tutti, noi compresi. Ma ci tocca anche difenderci e dover rispondere agli attacchi di una Consigliera che accusa le associazioni del quartiere di aver ricevuto trentamila euro per “togliere il degrado della piazza” e che sancisce il nostro fallimento, ma che non so quando sia passata di qui in tre anni e che non credo abbia idea di ciò che facciamo.
Due bandi di finanziamento per tenere in piedi un orto – che sulla base di criteri a me ignoti pare sia peggiore e più criticabile di un campo da basket colorato in mezzo a un parcheggio – e cinque mesi di iniziative, realizzati dalle associazioni che già faticano a sopravvivere e che hanno fornito un presidio pubblico, anche di sicurezza se proprio pacifica usare questa parola, e un presidio igienico-sanitario che è l’unica cosa che pare interessi: abbiamo dato un bagno, pagato da noi e non con i soldi pubblici, acqua fresca a chi pativa i quaranta gradi, acqua ossigenata e disinfettante. Abbiamo chiamato la polizia quando necessario, ma anche l’ambulanza, confrontandoci costantemente con chi si occupa di questi temi.
Si cerca in tutti i modi di riproporre il caro vecchio format “noi della destra abbiamo il pugno di ferro, è quello che ci vuole, poi ci sono questi comunisti che intagliano tronchi d’albero”. Ma magari! È una fallacia grezza e poco brillante come chi la utilizza.
Noi, stanchi di continuare a rispondere ai contenuti improvvisati di una estrema destra che non sa che fare, proviamo a raccontare cosa fa chi c’è per davvero.
Sportelli tutte le mattine, e alcuni pomeriggi, di supporto legale e di ascolto, con OpenGates Padova, a Stria.
Decine di incontri, appuntamenti culturali, corsi, momenti di aggregazione, grazie al Circolo Nadir e a tutte le realtà e le persone attiviste di Stria e dell’associazione di Piazza Gasparotto.
Campi estivi per minorenni, oltre 70 ragazze e ragazzi negli ultimi tre anni, con Libera contro le mafie.
Sarebbe colpa nostra se lo spaccio è aumentato. Forse perché quando vedo un ragazzo più piccolo di me, con il passaporto da rifugiato scaduto da 12 mesi, senza nessuna istituzione che riesca a dargli un tetto e in preda ad una depressione cronica, che alle cinque del pomeriggio sta fumando eroina, non lo aggredisco ma al massimo mi becco venti minuti di sproloquio su un sogno che ha fatto una volta. Quando una ragazza incinta viene sbattuta al muro dal suo compagno, picchiata e aggredita, quando abortisce e passa le settimane successive in assoluta confusione, quando un ragazzo che è uscito dal carcere cerca in tutti i modi di non tornare a spacciare ma di fare l’elettricista, quando un quarantenne che dorme sotto i portici ha l’ernia che lo fa urlare, noi non ci dormiamo la notte. Non so se le persone credano che riqualificazione significhi buttare questa gente a morire. Ma di fatto sulla base di quale mancata azione veniamo valutati? Cos’è che NOI non stiamo facendo?
Ci vediamo al prossimo “scoppio” di una polemica. Il punto è, però, cosa succede nel frattempo. Chi lavora, e chi no.
Vittoria De Lutiis, volontaria di Libera