Parco agricolo: Barcellona esempio per Padova

llobregatIl Parco Agricolo del Baix Llobregat si estende lungo il basso corso ed il delta del fiume Llobregat, a sud di Barcellona. Si tratta di un’area di circa 3000 ettari, che appartiene a 14 municipalità abitate da 800.000 persone. La sua formazione inizia nel 1994, per iniziativa degli stessi agricoltori, con la presentazione di un primo documento che costituisce l’embrione del futuro parco. Nel 1998 viene costituito un Consorzio, affiancato da un ente di gestione, a cui partecipano le 14 municipalità, i rappresentanti del governo di Barcellona e del Baix Llobregat e l’Unione degli Agricoltori. Infine viene approvato un piano urbanistico, che fissa i criteri di tutela del Parco e ne individua i confini.

I vari piani di gestione del Parco, che si sono succeduti fino ad oggi, si sono posti l’obiettivo di  salvaguardarne la funzione propria, cioè quella agricola, attraverso una serie di azioni quali: l’adeguamento dei servizi e delle infrastrutture funzionali all’attività delle aziende agricole, la modernizzazione delle stesse aziende e dei loro sistemi di produzione, la promozione e la commercializzazione dei prodotti (prevalentemente orto frutticoli), la creazione di un forte marchio di qualità associato alla produzione locale ed al suo paesaggio.

Per sfruttare tutte le potenzialità del Parco, ci ricorda l’arch. Muñoz durante la conferenza a Palazzo Moroni (vedi qui il video della conferenza), manca ancora un progetto che preveda di incrociare le valenze ambientali e culturali presenti nell’area del Llobregat. Attualmente i progetti riferiti al patrimonio naturale e culturale seguono percorsi separati, che vanno invece accomunati. Bisogna cominciare con uno studio dell’accessibilità pubblica e successivamente diffondere la conoscenza delle qualità e dei valori del Parco Agrario che non sono percepiti.

Particolare importanza ai fini della conservazione del Parco va attribuita all’approvazione del Piano Territoriale Metropolitano di Barcellona, avvenuta nel 2010. Un Piano che riguarda un’area abitata da 5 milioni di persone (1,8 milioni nella sola Barcellona), al cui interno è compreso anche il Baix Llobregat e le sue 14 municipalità. Uno degli aspetti di maggior rilievo di questo piano è aver tenuto conto di tre lezioni che ci vengono dalla storia recente delle azioni di tutela delle aree naturali. Lezioni che il prof. Muñoz ha messo in evidenza nel prologo della sua conferenza.

La prima è che non sono più sufficienti le tradizionali e sperimentate politiche di preservazione e conservazione delle aree naturali. Politiche che spesso si esauriscono nella creazione di isole ad alto pregio ambientale, mentre al di fuori tutto è consentito. È necessario passare dalla mera preservazione e conservazione alla gestione degli spazi liberi. La seconda lezione è che l’attuale crisi impone di orientare la conduzione dei fondi agricoli verso forme innovative, capaci di creare nuove opportunità di lavoro. La terza è che si deve spostare l’attenzione dalle aree di eccellenza, per le quali abbiamo buone formule di gestione sia naturalistica che culturale, verso gli ambienti ordinari, dove di fatto abita il 90% della popolazione. Si pone, cioè, il problema di come gestire paesaggi che non sono straordinari ma che hanno un valore. È una domanda che ha bisogno di una risposta in quanto, in assenza di una visione, di un progetto, decide il mercato. Prevalgono così gli interessi di parte, i quali agiscono secondo logiche di corto respiro, legate al rapido profitto, mentre invece per garantire la sostenibilità del territorio serve lungimiranza.

Ebbene, il Piano Territoriale Metropolitano di Barcellona ha recepito questi indirizzi ed ha ribaltato il tradizionale ordine di procedere della pianificazione, che di norma viene così articolato: prima il sistema infrastrutturale, poi quello degli insediamenti e per ultimo il sistema degli spazi aperti, che di fatto è residuale rispetto ai primi due. Il Piano di Barcellona, invece, dopo avere ipotizzato quattro modelli di sviluppo: quello centrale, basato sulla città che si espande, quelli ortogonale e trasversale, basati su diverse ipotesi di sviluppo delle infrastrutture, e quello nodale, basato sul sistema degli spazi aperti, ha scelto quest’ultimo. Ha scelto cioè di partire dalla tutela delle aree naturali e in funzione di questa organizzare gli altri sistemi. Questa scelta è stata fatta in quanto Il sistema nodale era  l’unico che non presentava, secondo una prefissata griglia di indicatori, elementi di criticità per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, ritenuti prioritari dal Piano. Tra questi obiettivi vi è quello di tutelare i parchi agrari esistenti, non come isolate aree protette, ma come un sistema, connesso da corridoi ecologici e dotato di appropriate forme di gestione.

Il Parco Agricolo del Baix Llobregat non può, però, considerarsi al sicuro dalle politiche economiche dei governi centrale e catalano. È immanente un piano (il Piano Delta) che prevede una serie di infrastrutture, la cui alta gerarchia mette in secondo ordine l’interesse ecologico del Parco e può prevalere sullo stesso Piano Territoriale Metropolitano di Barcellona.

Per contro, sembra accantonato, per effetto della fermezza degli agricoltori e per la reazione del mondo culturale e accademico (o forse perché, come sospetta Muñoz, Madrid ha vinto su Barcellona) il progetto Eurovegas,  che prevedeva di realizzare nell’area del Llobregat, ritenuta idonea dal governo catalano, un parco turistico e di divertimento con ben 14 hotel e casinò.

Il Parco Agricolo del Baix Llobregat costituisce, di certo, un valido esempio anche per il nostro Parco Agro Paesaggistico Metropolitano. Per uscire dall’attuale fase di semplice idea è, però, necessario che, come in Catalogna, l’ente pubblico faccia la sua parte.

Lorenzo Cabrelle – Legambiente Padova