Tra VII e X secolo, l’occupazione Longobarda e le successive invasioni di Franchi e Ungari devastarono Padova, sopravvissuta grazie alla figura del vescovo, che diede un’impostazione feudale all’urbanistica cittadina, organizzandola attorno alla cattedrale-castello e al nucleo fortificato e alla sua torre: la Torlonga.
Ma fu solo dopo il terremoto del 1117 a alla seguente riedificazione edilizia che Patavium iniziò ad affermarsi come centro urbano di rilievo: la popolazione si raccolse attorno alle mura, facendo nascere così i borghi Rudena, S. Sofia, Altinate, ponte Molino e la pieve cittadina. Nello stesso periodo, anche nella campagna circostante si generò lavoro e si diffusero ricchezza e richieste di maggior libertà.
In questi anni, in città, l’autorità vescovile deteneva numerosi privilegi e fu la figura del Vescovo Sinibaldo, di parte guelfa e difensore dell’autonomia locale, che capovolse l’antica struttura feudale, permettendo lo sviluppo della nuova città comunale.
Durante l’età dei comuni, nel clima di scontro tra papato e impero, anche Padova visse delle lotte interne: da un lato i tradizionali ceti nobiliari, dall’altro la nuova classe borghese di commercianti e artigiani.
In questo contesto si affermarono i boni homines: ceto dirigente di cittadini interpellati per dare valore ad atti privati e pubblici, che portò nuovi equilibri di potere. Tanto che il 13 maggio 1138 per definire una vertenza comparì per la prima volta un collegio di consoli, generando così un’inedita forma politica: il comune.
Al collegio di consoli, nel 1175, si sostituì la figura del podestà, magistrato chiamato da fuori città per mantenere la pace tra le parti. Quindi fino al 1205 a Padova si alternarono governi consolari e podestarili sullo sfondo di numerosi conflitti interni.
La nuova classe sociale comunale edificò numerose opere pubbliche e nel 1220 realizzò il simbolo della propria autonomia giuridica, Palazzo della Ragione: sede della giustizia e polo commerciale patavino.
L’edificio, su pianta quadra irregolare, è oggi ancora perfettamente leggibile e presentava al piano terra un porticato su pilastri dove si inseriva un mezzanino; per raggiungere il piano superiore, caratterizzato da un loggiato di colonnine bianche e rosse, vi erano 4 scale esterne: del vin, dei feri, dei osei e delle erbe.
Il progresso di questi anni ebbe un notevole riflesso sull’urbanistica della città, con l’edificazione di mura, ponti e strade. Inoltre vi fu un rilevante fermento culturale: venne fondata l’Università, si insediarono i Francescani, i Domenicani, gli Eremitani e si affermò il pre-umanesimo.
Nel 1237 Padova, città guelfa, fu sopraffatta dal governo di Ezzelino da Romano, ghibellino legato all’imperatore Federico II che, pur distruggendo numerosi palazzi di magnati che ostacolavano la sua politica, sviluppò l’edilizia difensiva della città.
In seguito alla cacciata di Ezzelino, tra 1260 e 1310, la città continuò la propria espansione e si generò un nuovo clima di apertura politica, economica e culturale, che vide l’affermarsi di una robusta classe media di commercianti e il sorgere di altri edifici pubblici come il Palazzo del Podestà, il Palazzo degli Anziani e il Palazzo del Consiglio, fino a giungere alla definitiva sistemazione di Palazzo della Ragione, attuata nei primi del ‘300 da frà Giovanni degli Eremitani.
Merito dell’architetto fu di lasciare intatta la struttura del ‘200 e innalzare i muri perimetrali, strutturandoli per sostenere una copertura formata da una doppia calotta a carena di nave.
Al suo interno la copertura si completava con un piano iconografico di stelle e pianeti ideato dal medico e astrologo padovano Pietro d’Abano e realizzato da Giotto. Un patrimonio andato perduto nell’incendio del 1420 e di cui oggi rimane traccia grazie alle successive risistemazioni.
Sintesi a cura di Andrea Cappellari – redazione ecopolis
Qui il testo originale da cui è tratto l’articolo.