I meli del Kazakistan, patrimonio di biodiversità

meleti_Kazakistan_premio-scarpa-2016Esistono ancora antichissime foreste di alberi selvatici di melo, distribuite lungo il versante settentrionale della catena montuosa del Tien Shan, che attraversa vasti, sconfinati territori, dall’ovest della Cina al Sud del Kazakistan, passando per il Kirghizistan e l’Uzbekistan.

Ciò che subito balza agli occhi è l’estrema varietà degli ambienti e dei paesaggi: maestose montagne, le cui vette ricoperte di nevi perenni, toccano i 7000 metri di altezze, si alternano ad altipiani e a profonde valli scavate da oltre duecento fiumi. Condizioni climatiche estreme caratterizzano i versanti delle montagne diversamente esposti.

La diversità ambientale è uno dei fattori che ha favorito la straordinaria biodiversità di queste foreste dei meli selvatici che risalgono a migliaia di anni fa: ricchezza delle specie e variabilità delle specie si esplicano e si traducono in una molteplicità di forme, dimensioni, sapori, colori, altezze e portamenti degli alberi, esemplari solitari o più spesso raggruppati in foreste o boschi.

In questo posto che oggi ci appare così lontano e periferico ha avuto origine il melo, la specie di albero da frutta più coltivata e utilizzata nelle zone a clima temperato.

Infatti il Malus Sieversii, il melo selvatico del Kazakistan, la specie scoperta nel XVIII secolo dal botanico Johann Sivers, è alla base di tutte le colture moderne di meleti sparse nel mondo. La storia millennaria che ha portato alla diffusione del melo in vari paesi ha la sua origine e il suo sviluppo nell’iterazione tra l’uomo e l’ambiente. Comincia con alcuni piccoli semi portati da uccelli migratori dalla lontana Cina, prosegue attraverso frutti e semi trasportati lungo la mitica “via della seta” da oriente a occidente, attraversando crocevie, piazze ed empori commerciali, dove si incontrano e si contaminano merci, culture e storie. La coltivazione del melo ha ridisegnato territori e paesaggi, ma è anche entrata nella cultura, a partire dagli archetipi e dai miti: nella narrazione biblica come nei miti greci e celtici la mela è emblema di fecondità, di bellezza, di amore e di immortalità .

A questo ricchissimo giacimento di biodiversità – patrimonio insostitubile e fragile formatosi nel tempo – a questo luogo ricco di natura, di memoria e di storia, oggi minacciato dallo sfruttamento e dalla speculazione, è stato attribuito dalla Fondazione Benetton un prezioso riconoscimento, il Premio internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, giunto alla sua XXVII edizione.

Il premio riservato a quanti coltivano la cultura di “governo del paesaggio” e di “cura dei luoghi” è anche per coloro che si sono impegnati per lo studio e la salvaguardia delle antiche foreste di meli selvatici del Kazakistan: Aymac Djangaliev, agronomo e scienziato, il primo a scoprire e a difendere questa enorme ricchezza, e l’associazione Alma, che persegue la valorizzazione e la tutela di questo immenso patrimonio vegetale e culturale, raccogliendo l’eredità di Djangaliev e collaborando con le istituzioni pubbliche e con le associazioni ambientaliste.

La Fondazione Benetton Studi e Ricerche è un centro studi internazionale che promuove attività di studio e di ricerca nei settori del giardino e del paesaggio. In dialogo con il territorio locale, promuove una serie di iniziative, come il Premio Scarpa per il Giardino, che ci aiutano a conoscere e ad apprezzare paesaggi e tesori di biodiversità, destinati alla dispersione e alla distruzione, qualora non sia coltivati e protetti da mani consapevoli e da occhi lungimiranti. Spesso l’attenzione, l’atteggiamento della cura e della salvaguardia comincia dal giardino pubblico del quartiere per estendersi ai paesaggi del territorio (argini, colline, montagne…) che si sono creati e consolidati nel tempo. Per ulteriori informazioni sulla Fondazione Benetton Studi e Ricerche e sulle sue attività, si veda qui http://www.fbsr.it/.

Dalla Motivazione del Premio Carlo Scarpa, a cura del comitato scientifico del Premio e della Fondazione

 a cura di Silvia Rampazzo, redazione di ecopolis