Essere riconosciuti dall’Unesco come riserva della Biosfera significa per un territorio la promozione di un rapporto equilibrato tra uomo e ambiente
La candidatura è stata avviata dall’ente coordinatore, il Parco regionale dei Colli Euganei nel 2021 e dopo incontri di presentazione, tavoli tematici con stakeholder e scambi con altre Riserve di Biosfera, il dossier è finalmente giunto per mano del Governo italiano a Parigi per la valutazione entro l’estate 2024.
Si tratta di un momento importante per la storia e il futuro dei Colli Euganei. Far parte e essere riconosciuti come “Riserva della Biosfera” Mab (Men and Biosphere) dovrà porre l’attenzione alle tre funzioni fondamentali del riconoscimento, ovvero la conservazione dei paesaggi, lo sviluppo in un’ottica sostenibile e il supporto tramite la ricerca, l’educazione e la formazione.
Alla presentazione del dossier, che si è tenuto all’Abbazia di Praglia di recente, le istituzioni quali il Parco Regionale dei Colli Euganei, i Comuni, la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e la Regione Veneto hanno sottolineato come il riconoscimento non è un punto di arrivo ma un passo in avanti. Lo slancio è verso un modello sostenibile sociale, economico e politico di gestione di un’area piccola ma tanto preziosa qual è quella dei nostri Colli, riserva della biodiversità.
Il riconoscimento Mab Unesco dura 10 anni con la possibilità di essere rinnovato e vede il dispiegarsi di tante energie e di numerosi attori coinvolti.
Innanzitutto gli obiettivi inseriti nel dossier devono essere trasformati in un piano d’azione coordinato dal regista, il Parco Regionale dei Colli Euganei. Il coordinatore a sua volta è coadiuvato nella cabina di regia dal Comitato di Gestione composto da un Comitato Tecnico Scientifico e dalla Consulta dei Giovani. A fianco si costituirà un’Assemblea organizzata in tavoli Tematici. Tutti insieme questi organi dovranno portare avanti la governance della Biosfera Mab Colli Euganei. Per realizzare i progetti però il tempo è limitato (dovrà svolgersi nell’arco temporale di 9 anni e comunque concludersi nel 2034). La governance così composta dovrà nel frattempo riunirsi, parlarsi, decidere ecc prima di entrare in azione.
A conclusione dell’incontro a Praglia le associazioni ambientaliste tra cui Comitato Popolare Lasciateci Respirare, Circolo Legambiente “Dai Colli all’Adige”, Club Alpino Italiano, sezione di Padova, Italia Nostra onlus, sezione di Padova e di Este, A.P.S La Vespa, Il Colibrì – Tutti i colori del mondo, sono intervenute presentando dei forti dubbi rispetto agli entusiasmi della nuova candidatura.
Viene infatti da loro sottolineato come negli anni passati le azioni istituzionali sono andate nella direzione completamente opposta. La portavoce, Christianne Bergamin, ha citato alcuni esempi quale la proposta della legge regionale del 2012 che limitava il Parco alla sola gestione ambientale (proposta poi abbandonata), o i tagli ai fondi al personale che ha fatto rinunciare alla presenza di un Direttore (ora invece nominato dopo diversi anni di assenza) o ancora il commissariamento.
Il Piano Ambientale del Parco inoltre continua la portavoce delle associazioni è un prezioso strumento messo però da parte, utilizzato in questi anni per meri aspetti burocratici e non per l’importante progettualità che presenta. Con tali premesse, conclude,” i dubbi si fanno sentire rispetto alla gestione futura della Riserva Mab Unesco.”
Tra i rischi plausibili citando Marco Albino Ferrari, una delle voci più autorevoli della cultura di Montagna nel suo libro “Assalto alle Alpi” è che “appena baciati dall’Unesco i siti diventano un brand che macina denaro…a pensare bene del riconoscimento Unesco beneficiano tutti coloro che su piani diversi ne sono coinvolti” Tutti insomma ne traggono vantaggio tranne proprio il sito riconosciuto dall’Unesco che diventa “vittima di un’invasione di massa.”
Preme sottolineare poi come dice Ferrari che “i parchi hanno” a differenza del riconoscimento Unesco il “potere di interdizione su eventuali speculazioni e nascono per porre vincoli e restrizioni” a tutela del paesaggio e comunità.
Concludiamo quindi con la considerazione dell’autore che: il “mondo stesso dovrebbe essere patrimonio mondiale, non solo alcuni luoghi eletti e sempre più isolati”.
Barbara Grosoli, redazione Ecopolis