Secondo il rapporto Climate Change Performance Index 2020, presentato a Madrid in occasione della recente Conferenza sul clima (COP25), l’Italia perde posizioni e scende al 26° posto nella classifica sulla performance climatica dei principali paesi del pianeta.Per Legambiente il nostro paese ha metto in atto misure e strategie insufficienti contro la crisi climatica e ben al di sotto delle sue potenzialità.
Il Climate Change Performance Index 2020 è un report realizzato da Germanwatch, CAN e NewClimate Institute, in collaborazione con Legambiente per l’Italia. Attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), l’indagine misura le azioni e le politiche dei paesi più grandi e sviluppati per fermare il cambiamento climatico, in rapporto agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e agli impegni assunti per il 2030. Sono oggetto di analisi: la riduzione (o l’aumento) delle emissioni, lo sviluppo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica e infine la politica climatica.
Sulla performance negativa dell’Italia, scesa di tre posizioni rispetto all’anno scorso, pesa da un lato, il rallentamento dello sviluppo delle rinnovabili, dall’altro l’inadeguatezza di scelte politiche legate all’emergenza climatica. La bozza del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) consente di ridurre le emissioni solo del 37% entro il 2030. Un passo indietro rispetto alla Strategia Energetica Nazionale (SEN), adottata a dicembre 2017, che fissava come obiettivo una riduzione del 42%, sempre entro la scadenza temporale indicata.
In realtà l’Italia al 2030 potrebbe ridurre le proprie emissioni addirittura del 60%, come abbiamo dimostrato presentando una roadmap che consentirebbe di anticipare la completa decarbonizzazione dell’economia nazionale entro il 2040, grazie a un pacchetto di misure coraggiose e perfettamente praticabili a partire da ora.
Nella classifica sulla performance climatica non sono state attribuite ad alcun paese le prime tre posizioni: nessuno di essi ha conseguito risultati tali da contrastare efficacemente il cambiamento climatico e evitare di superare la soglia critica di 1.5°C. Sono rispettivamente al 4° e al 5° posto Svezia e Danimarca. In ascesa grazie allo sviluppo delle rinnovabili India, Germania e Cina, benché quest’ultima debba migliorare ancora su emissioni ed efficienza energetica. In fondo alla classifica troviamo l’Arabia Saudita e, subito sotto, gli Stati Uniti. Negli USA segnali positivi giungono dall’Alleanza per il Clima, rete di più soggetti (come Stati, città, imprese e università), che operano insieme per mantenere gli impegni assunti a Parigi.
Purtroppo l’Unione Europea retrocede al 22° posto rispetto al 16° dell’anno scorso, a causa della scarsa efficacia delle politiche nazionali. Il trend di riduzione delle emissioni al 2030 è del 36%, inferiore all’obiettivo attuale, peraltro inadeguato, del 40%. L’Europa può e deve ridurre le sue emissioni di almeno 65% entro il 2030 per raggiungere zero emissioni nette entro il 2040, anticipando gli impegni previsti dall’accordo di Parigi.
Anche l’Italia in questa prospettiva può giocare un ruolo da protagonista, purché cambi direzione drasticamente rispetto al Piano Nazionale integrato Energia e Clima e dia forza a un vero Green New Deal nella transizione verso un’economia globale libera da fonti fossili e a zero emissioni.
Legambiente Onlus