“Senso unico eccetto bici” e “doppio senso ciclabile” non sono sinonimo di “contromano”. Eppure i termini sono spesso confusi, anche dagli addetti ai lavori, alimentando disinformazione e pregiudizi.
Riproponiamo – con alcuni tagli – l’articolo pubblicato da Manuel Massimo su Bikeitalia.it.
Le proposte di modifica al Codice della Strada, visto che l’argomento è tornato di attualità, hanno trovato un’ampia eco sui principali organi d’informazione: ma molti giornalisti, più o meno consapevolmente, hanno preso una colossale cantonata sull’introduzione del senso unico eccetto bici che si ostinano a chiamare “contromano”.
Peraltro nella proposta in discussione a firma del deputato del Movimento 5 Stelle Emanuele Scagliusi si parla di “doppio senso ciclabile” e sull’enorme differenza tra i due concetti si vedano tanti altri articoli su Bikeitalia.it.
Nell’oceano di disinformazione mista a livore, un articolo spicca su tutti ed è apparso nella sezione Motori del Corriere della Sera: non si tratta del pezzullo di colore un po’ sopra le righe a firma di un collaboratore giovane e inesperto, magari sfuggito al controllo della redazione, ma del punto di vista del caporedattore Maurizio Donelli, giornalista di lungo corso, che si è prodotto in un pezzo di rara insensibilità in cui risulta evidente il suo astio e la sua insofferenza nei confronti di chi pedala.
So che può risultare difficile per chi ha legato la propria professione in maniera così viscerale all’automotive pensare che le persone in bicicletta siano degne di rispetto e di attenzione esattamente come chi guida un mezzo a motore (forse di più, in quanto più vulnerabili, ma non è questo il momento di sottilizzare) ma considerare l’introduzione del “senso unico eccetto bici” e della “casa avanzata con precedenza ai semafori” come un attacco di lesa maestà all’automobilista è una colossale sciocchezza. Si tratta davvero di misure di buonsenso ciclabile che in Italia, se approvate, arriverebbero comunque con una trentina di anni di ritardo rispetto ai Paesi molto più avanti del nostro in tema di viabilità e condivisione della strada.
Donelli sfodera tutto l’armamentario dell’anticiclismo militante […] senza uno straccio di dato o studio a supporto […]. La sensazione è che non vedesse l’ora di poter vomitare il proprio odio verso chi pedala, “i ciclisti”: quelli che per fare 5 chilometri in città ci mettono sempre 20 minuti e non perdono tempo a trovare parcheggio; quelli che non pagano il bollo e l’assicurazione; quelli che non hanno targa e che possono transitare liberamente in aree pedonali e zone a traffico limitato. Insomma: l’esatto opposto di chi si muove su un mezzo a motore inquinante e ingombrante.
La chiusa di questo capolavoro di cinismo, in perfetto stile victim blaming, tende a colpevolizzare chi pedala e deresponsabilizza la persona al volante: “Tanto se in futuro un ciclista contromano dovesse sbattere contro un’auto, la colpa sarà sempre di chi guida l’auto. Ça va sans dire”.
A parte il fatto che l’introduzione del senso unico eccetto bici avrebbe, invece, l’effetto contrario dimostrato di una maggior sicurezza intrinseca delle strade (Zone 30) in cui verrebbe introdotto, ho notato che l’ultima frase dell’articolo è stata modificata. La versione precedente, più politicamente scorretta recitava: “Spalmato sul cofano di un Suv” è un’espressione che denota una violenza verbale assoluta: forse l’autore, dopo le tante critiche ricevute tra cui quella di Marco Scarponi (fratello dell’indimenticato Michele e promotore della Fondazione per la sicurezza stradale a lui dedicata), è stato indotto a modificarla […]. In ogni caso questo articolo non fa onore alla storia del Corriere della Sera e a mio avviso rappresenta un esempio ineguagliato di cattivo giornalismo. Ça va sans dire.
Manuel Massimo – bikeitalia.it- qui il testo completo
sintesi a cura di Annalisa Scarpa – redazione ecopolis