A Robert Olen Butler, classe 1945, toccò in sorte di improvvisarsi agente scelto di controspionaggio quando l’Esercito degli Stati Uniti lo arruolò per la lunga guerra del Vietnam. Presto gli assegnarono il compito di traduttore che svolse fino a quando non rimpatriò. Se la prese comoda e nel 1993 vinse il Pulitzer, il premio più-statunitense-che-statunitense–non-si-può, assegnato a chi racconta la vita degli americani. Proprio così, non me lo sto inventando, c’è scritto nello statuto. Solo che Butler lo vinse parlando dei Vietnamiti. I racconti sono stati pubblicati in Italia con il titolo Vietnam, Louisiana.
Tanti vietnamiti del Nord e del Sud, buddisti e cattolici sono scappati dal terribile conflitto che ha incendiato il loro paese e si sono rifugiati nel West Bank del Missisipi. Hanno scelto un altro delta dove insediarsi dopo aver lasciato il Mekong. L’equilibrio delicato tra acqua e terra ospita nuovi bayo, le donne vestono i loro aò dài e i profughi coltivano orti sociali, ben prima di noi oggi. C’è un ingegnere chimico, Thieu, che si innervosisce quando i colleghi americani storpiano il suo nome in “Ted” ma che ha deciso di dare al figlio un nome americano, Bill, per velocizzare il processo di integrazione. Bill ha paura di sporcarsi le Reebok quando Thieu gli insegna a preparare il combattimento tra grilli.
Immagino che oggi per una coppia di baristi cinesi che decide di chiamare il figlio Mario non sia poi diverso.
C’è un commerciante che vende lanterne di carta, petardi e cay neu, ai connazionali. Vuole reinvestire nell’industria dei gamberetti, perché è sicuro che gli unici pescatori del Golfo del Messico saranno proprio i connazionali.
In Vietnam, Lousiana ci sono diciassette identità che raccontano i loro due cieli. Ci sono diciassette racconti premiati da americani perché parlano di americani. Sono bellissimi ed hanno una luce particolare, quella che ti aspetti solo nei delta dei fiumi.
Te lo consiglio perché: sono storie che non indugiano nel folklore ma sono antidoti al tono a volte apocalittico e sempre vigliacco del razzismo.
Stagione di lettura: estate
Dove: lungo un argine o a casa sdraiati in penombra.
Cosa leggere se ti è piaciuto: “Winesbourgh, Ohio”, Sherwood Anderson
Cosa rileggere che te lo ricordi:”Antologia di Spoon River”, Edgar Lee Master
Per quanto ti accompagnerà: fino all’autunno inoltrato, quando le città ritorneranno un formicaio
Luisa Caldon