Nella proposta di riforma del codice della strada non c’è nessun vero intervento per la sicurezza stradale. Viene invece contrastata la mobilità sostenibile
Da sabato 9 marzo a martedì 12 marzo, in 40 città italiane, da Roma a Milano, da Cagliari a Trieste passando per Padova, ci sono state decine di manifestazioni “Stop al Codice della Strage”, organizzate dalle associazioni familiari delle vittime sulla strada e altre associazioni, compresa Legambiente, contro il nuovo Codice della Strada voluto dal Ministro Salvini e in discussione in Parlamento, che se dovesse passare con l’attuale versione riporterà indietro l’Italia di 40 anni dal punto di vista della sicurezza stradale e della mobilità sostenibile e la allontanerà ancora di più dagli altri Paesi europei dove i livelli di mortalità per incidenti stradali e per inquinamento sono già inferiori a quelli italiani.
La riforma, infatti, ha un impianto molto chiaro, come ha scritto Andrea Colombo, consulente legale esperto di mobilità e sicurezza stradale che sta contribuendo a ridisegnare Bologna a 30 km/h: “è debole coi forti e forte coi deboli”.
Con il nuovo codice infatti i controlli per velocità, sosta abusiva e guida distratta saranno più difficili: si rende infatti più complicata e limitata la possibilità di installare e usare gli autovelox fissi, mobili e in movimento (benché già omologati) per far rispettare i limiti di velocità; viene eliminata la possibilità di controllare e sanzionare con telecamere e senza contestazione immediata le infrazioni in materia di sosta e di segnaletica in generale; vengono inasprite le sanzioni per chi guida al telefono, ma senza alcuna possibilità reale di controllo perché rigetta la proposta di accertare e sanzionare la guida distratta anche con strumenti digitali, come già avviene in altri Paesi europei; predispone una nuova sospensione breve della patente per chi guida al telefono, ma solo con meno di 20 punti (<3% delle patenti italiane); delega inoltre al Governo la possibilità di innalzare i limiti massimi di velocità.
Ad aggravare la situazione vi sono poi una lunga serie di restrizioni alla possibilità di ridisegnare lo spazio pubblico in favore della mobilità sostenibile. Le ZTL, ad esempio, saranno realizzabili solo in presenza di alti livelli di smog, divenendo qualcosa di diverso da uno strumento generale per ridurre congestione, traffico, incidenti, rumore, spazio occupato dalle automobili. Così come sarà bloccata con effetto immediato la possibilità di realizzare corsie ciclabili, doppi sensi ciclabili, case avanzate, strade ciclabili, etc. fino all’emanazione di un futuro regolamento ad hoc del Ministero e all’aggiornamento di quello attuativo del codice, rendendole inoltre meno sicure, togliendo la possibilità di renderle visibili anche con segnaletica orizzontale. Restringe inoltre la possibilità del doppio senso di marcia per le bici eliminando la clausola europea “indipendentemente da larghezza della carreggiata, presenza di parcheggi, massa dei veicoli”, nonché l’obbligo per gli automobilisti di dare la precedenza alle biciclette, obbligo per gli automobilisti di dare la precedenza ai ciclisti sostituito da un generico e inapplicabile obbligo di “prestare attenzione” . Purtroppo non finisce qui. Viene eliminata la specifica delle corsie riservate a TPL + bici, mentre restano possibili corsie TPL con car sharing, moto, taxi. Infine, ma non è non è una lista completa, annulla la clausola “salvaciclisti” del “metro e mezzo”, ovvero l’obbligo di sorpasso ad almeno una distanza di 1,5 metri dai ciclisti dalla nuova clausola per cui vale solo “ove le condizioni della strada lo consentano” .
Alla luce dei dati Istat che specificano come il 73% degli incidenti in Italia avvengono sulle strade urbane, per il 94% imputabili a persone alla guida di veicoli a motore, e che la principali cause degli incidenti mortali in città sono dovute alla velocità, sorge lecita riflessione se ad essere ideologiche, qualsiasi cosa significhi, non sono le proposte “ambientaliste” ma quelle del Ministro Salvini.
Su questo fronte serve invece un approccio scientifico e sistemico agendo sulla moderazione della velocità, non solo attraverso i limiti ma anche con controlli e soprattutto il ridisegno dello spazio pubblico, che deve favorire la circolazione in sicurezza anche di mezzi diversi delle auto, oltre che essere ripensato per essere vissuto e non solo attraversato. Occorre realizzare interventi normativi a favore della mobilità attiva e del potenziamento del trasporto pubblico, e agevolare percorsi verso le città 30, la vera risposta credibile per contrastare l’incidentalità in ambito urbano.
MM – Legambiente Padova