Un regalo prezioso l’ultimo album di Erica Boschiero. “Respira” è un suggerimento, un augurio, una necessità per vivere anche quando manca il respiro.
Capita che possa essere la musica, come altre arti, a darci chiavi di lettura del presente: è quanto si propone di fare la pluripremiata cantautrice veneta Erica Boschiero con il suo ultimo album, Respira. “Il Covid-19 toglie il respiro, come anche la paura di perdere il lavoro, l’inquinamento delle nostre città, l’acqua del Mediterraneo se il gommone sul quale viaggi si rovescia, il ginocchio di un poliziotto sul collo o la mano di un marito violento. Ma il respiro è anche la vita che ci abita dentro…”. Lasciando per un po’ sia il dialetto che il patrimonio di storie popolari che aveva caratterizzato gli album precedenti – in particolare E tornerem a baita – Erica propone un nuovo album ricchissimo di immagini, di attenzione e cura per se stessi, gli altri e tutto ciò che ci circonda.
Comincia con un invito: Ascolta. Ma non è un ascolto astratto, immateriale, anzi: “poggia l’orecchio a terra, a terra, e ascolta.” Da subito ci immergiamo in una natura concreta e viva: l’occhio del lupo, il sangue che scorre, il volo dell’ape che conosce la strada… Una “bellezza che s’alza / Che non chiede il permesso”. Ci sono anche le parole umane: amore, perdono, sogni, ma anche l’urgenza di muoversi per non perdersi. Muoversi è un bisogno umano e a volte crudele: La memoria dell’acqua racconta, sì, un’inquietudine esistenziale, ma anche il percorso durissimo di molti “figli persi in fondo al mare”. Perfino il pino: “avesse ali per viaggiare”, prosegue il brano successivo, “non resterebbe lì ad aspettare / d’essere ucciso dalla scure”; ma il movimento è anche quel principio che anima la natura nel suo ricrearsi come fa l’acqua che diventa pioggia feconda: così in Un’ostrica e una perla viene riproposta – liberamente – Viaggio del poeta mistico persiano Galal al-din Rumi. In Albero Maestro il movimento è quello del vento, non necessariamente un vento gentile: il pezzo è ispirato al passaggio della tempesta Vaia nel 2018. Monamour racconta, dopo tanto viaggiare, un incontro. In Sale c’è ancora il dolore di chi guarda il mare e non sa più che fare, ma vuole “imparare a restare”. Ne La città della gioia trova posto la fragilità indifesa di fronte a inganni, abusi di potere, a quelle mani “Che magari son le stesse che da quando sono in cima / Sopra le foreste versan litri, versan litri di benzina”. Una fragilità che, unendo la sua rabbia a “quella delle bestie / Degli abissi immensi, dei deserti, le foreste” non perde la fiducia nella possibilità di trovare un luogo simbolico in cui essere veri gli uni con gli altri. Del prendersi cura parla, ancora, Per sempre proteggo, seguita finalmente dal brano che dà il nome all’album, Respira. Nato ben prima del Covid, è la canzone d’amore che un albero canta a un essere umano e che Erica, prima di inciderla col nuovo arrangiamento di Sergio Marchesini, vivace e ricco di strumenti, ha più volte eseguito dal vivo in una versione più intima, con la sua chitarra, spingendo il pubblico a cantarla assieme a lei. La conclusione del disco è affidata a un duetto con Neri Marcorè: un brano nato poco dopo il lockdown, quando sembrava che il peggio fosse passato e c’era, fortissima, proprio quella voglia di tornare a cantare assieme.
Lanciato prima con le dirette via Facebook, Respira è uscito come disco a giugno ed è ora disponibile sulle piattaforme di streaming ma anche in molte occasioni dal vivo: la prossima data sarà quella del 16 dicembre al teatro Rex, in trio con Sergio Marchesini ed Enrico Milani. L’evento, ad ingresso con contributo libero e responsabile, fa parte del progetto RespirArti, realizzato dall’Associazione Kalétheia con il contributo del Comune di Padova – Bilancio Partecipato Consulta 4A.
Annalisa Scarpa, Redazione Ecopolis