Il Piano presentato da Boeri indica un’inversione di tendenza positiva ma l’attenzione e il dibattito sono sempre necessari.
Con la presentazione di Stefano Boeri si è aperto il dibattito pubblico sul nuovo Piano degli Interventi di Padova, che probabilmente verrà adottato dal Consiglio Comunale a gennaio. Se i numeri esposti nel corso della presentazione (il 29 novembre scorso) verranno confermati, siamo in presenza di una radicale positiva inversione di tendenza rispetto al passato. Il nuovo Piano prevede infatti che vengano restituiti a destinazione agricola circa 3,5 milioni di mq di aree che il precedente Piano degli Interventi (lasciato decadere nel maggio scorso) destinava a nuove lottizzazioni edilizie.
Al Piano degli Interventi sono delegate molte scelte fondamentali non solo per il nuovo disegno della città, ma anche per l’economia, le relazioni sociali e la qualità dell’abitare. Tra queste in particolare quelle relative al recupero ed alla rigenerazione di parti importanti del contesto urbano; a un disegno di città policentrica articolata in quartieri e rioni caratterizzati da una mixité di funzioni; alle normative ed alle regole d’intervento che promuovono la qualità architettonica ed ambientale; alla salvaguardia ed al potenziamento degli spazi verdi, compresa l’area della Prandina.
Ma forse una delle più interessanti caratteristiche del nuovo piano è la proposta di una visione del futuro della città come di un articolato arcipelago di rioni. Una città policentrica, un organismo urbano decentralizzato, che potenzia e valorizza il ruolo e l’immagine dei diversi quartieri nei quali ritrovare non solo più servizi e migliore qualità urbana, bensì anche una molteplicità di funzioni un tempo segregate in zone urbane specializzate. Una proposta affine a quella della “Città dei 15 minuti” e della “Città dei 30 km/h”, che si sta sperimentando a Parigi, Barcellona, Melbourne, Portland, con quartieri e rioni dotati di spazi verdi e di spazi destinati all’agricoltura urbana, nei quali la moderazione del traffico, ovvero la priorità attribuita a pedoni e ciclisti, faccia sì che strade e piazze ritornino ad essere luoghi di incontro e di socializzazione, luoghi sicuri per bambini e anziani, spazi identitari per lo sviluppo di comunità solidali ed inclusive.
Allo stato attuale dell’elaborazione e della documentazione disponibile restano però molte questioni aperte da approfondire prima dell’adozione del nuovo Piano.
Le mappe sin qui rese pubbliche forniscono dei dati di sintesi sull’entità delle trasformazioni previste, ma non consentono una esatta conoscenza di cosa concretamente si propone per le diverse parti del territorio, quartiere per quartiere. Va richiesto ai progettisti di fornire quanto prima una cartografia di maggior dettaglio al fine di consentire una effettiva partecipazione delle Consulte, dei cittadini e delle associazioni non solo alle scelte strategiche del Piano, bensì anche alle scelte che direttamente interessano i loro quartieri. Una questione più generale riguarda il territorio agricolo periurbano con la riconversione delle pratiche agricole secondo i principi dell’agroecologia e una proposta di nuove centralità, di nuove attrezzature e di itinerari ciclo-pedonali finalizzati a diversificare le attività connesse all’agricoltura urbana, a favorire l’incontro tra produttori e consumatori. L’esperienza in atto nelle aree del Basso Isonzo costituisce, da questo punto di vista, un significativo esempio replicabile anche in altri contesti periurbani.
Tra gli elaborati presentati da Stefano Boeri vi è quello relativo al masterplan per la sistemazione urbanistica dell’area compresa tra la stazione ferroviaria e piazzale Boschetti. Pur non trattandosi di un vero e proprio progetto, la predisposizione di un piano guida prodotto su incarico dell’amministrazione comunale è un utile strumento per sollecitare un dibattito pubblico sulle aree soggette a processi di radicale trasformazione urbana e per fornire anche agli imprenditori privati una indicazione di ciò che la comunità cittadina ritiene essenziale venga realizzato in quel contesto sia sotto l’aspetto funzionale che dal punto di vista tipologico e formale. Il Piano degli Interventi dovrebbe utilizzare analoghi strumenti di indirizzo su altre aree strategiche di Padova: si pensi in particolare all’area della zona industriale, oggi priva di un ente di gestione dedicato, a tutto il quadrante nord-est in cui sorgerà il nuovo Polo Ospedaliero, all’area definita della Ricerca e dell’Innovazione a nord del Piovego (Fiera, Istituti universitari, attività direzionali), al Borgomagno, ambiti urbani speciali dove prevalgono le attività produttive e direzionali, ma per le quali dovrebbe comunque valere, in una qualche misura, anche il principio della qualità ambientale, della presenza di reti ecologiche e della mixité di funzioni ed attività, comprese quelle relative all’abitare ed ai servizi.
Piani Guida per i quali vanno stabili l’obbligo e le modalità del dibattito pubblico e della partecipazione. Il Piano individua 80 aree di recupero urbano. Anche in questo caso è importante che per queste aree vengano fornite, come prescrive la legge regionale 14/2017, apposite schede che definiscano gli indirizzi per la progettazione, le destinazioni d’uso compatibili, le regole esecutive, i risultati attesi, l’interesse pubblico e le premialità previste. Alcune norme piuttosto ambigue del precedente Piano degli Interventi, una fra tutte quella relativa alla “conservazione dello stato di fatto”, hanno consentito anche di recente la demolizione di pregevoli edifici storici.
Va anche ripensato il ruolo del Centro storico: quali funzioni direzionali, di servizio e commerciali possono essere trasferite in aree esterne? Come incrementarne le funzioni residenziali, la mixité sociale, le attività artigianali ed il commercio di prossimità? Come integrare Università e studenti con la vita cittadina, richiedendo ad esempio che i numerosi complessi universitari possano offrire spazi e servizi aperti a tutta la cittadinanza?
Dobbiamo anche ricordare che il Piano degli Interventi ha una validità quinquennale e la legislazione regionale consente con relativa facilità l’approvazione di Varianti in corso d’opera che possono snaturare questa impostazione. Per consolidare il taglio alla cementificazione Legambiente quindi chiede che lo stralcio delle aree venga effettuato anche nel PAT – Piano di Assetto Territoriale- che è gerarchicamente sovraordinato al Piano degli Interventi, ma vistosamente sovradimensionato nelle previsioni demografiche.
Quelle indicate dal Piano degli Interventi sono scelte su cui è essenziale che si apra, prima di passare agli atti amministrativi, un approfondito dibattito pubblico, in quanto nei prossimi anni avranno profonde ripercussioni su molti aspetti della vita cittadina e sull’ambiente urbano.
Per restare aggiornato sullo studio del Piano e sulle proposte di Legambiente visita la pagina www.legambientepadova.it/piano-interventi.
Sergio Lironi, Presidente onorario Legambiente Padova