Il 21 febbraio si è tenuta, presso la II commissione consiliare della Regione Veneto, l’audizione sulla seconda stesura del Progetto di legge n. 402/2018 che, sotto l’accattivante titolo Politiche per la riqualificazione urbana e l’incentivazione alla rinaturalizzazione del territorio Veneto, di fatto mira a mettere a regime il cosiddetto “Piano Casa” del 2009, scaduto lo scorso novembre dopo reiterate proroghe.
Il testo originario, di cui abbiamo già parlato qui, è stato oggetto di un generale riordino per rendere più snella e di facile applicazione la legge ed in parte modificato a seguito delle osservazioni presentate nel corso della prima audizione.
Tra le modifiche apportate sicuramente positiva è quella che prevede che tutti gli interventi, compresi quelli di densificazione e di utilizzo dei crediti edilizi, debbano rispettare i parametri edilizi comunali.
Si potranno ancora derogare i limiti comunali di volume e superficie e quelli di altezza e di densità edilizia del decreto ministeriale 1444/1968, ma la vigenza di tutti gli altri parametri comunali garantirà il rispetto delle distanze dai confini e tra i fabbricati e impedirà quella saturazione degli spazi liberi interni ai lotti che ha portato, nell’applicazione del vecchio Piano Casa, alla scomparsa di molti giardini e cortili.
Positivi anche lo stralcio della norma che consentiva agli interventi di non rispettare il limite di consumo di suolo stabilito dal provvedimento della Giunta Regionale e la riduzione dall’80 al 50%, rispetto all’esistente, del volume o della superficie concessi in deroga negli interventi di ampliamento.
Non si condivide invece l’eccesso di premialità previsto per gli interventi di riqualificazione del tessuto edilizio, con integrale demolizione e ricostruzione, e per quelli di trasferimento in zona territoriale propria degli edifici che insistono in aree di pericolosità idraulica o idrogeologica; premialità che dai precedenti valori del 60 e 50% passa al 100%, cioè al doppio del volume o superficie esistenti.
Il giudizio di Legambiente sul nuovo testo del PdL 402/2018 resta assolutamente negativo, in quanto è inaccettabile che la Regione prevarichi le scelte dei comuni in materia di pianificazione del loro territorio, per consentire in deroga ai limiti urbanistici di volume e superficie una pioggia di aumenti di volume, utilizzabili per ogni fabbricato in assenza di un minimo di progetto di sviluppo ordinato della città.
Sul punto le modifiche apportate al testo originario sono addirittura peggiorative laddove stralciano il presupposto di esistenza degli edifici al 1/1/2015 per avere diritto agli interventi di ampliamento e di riqualificazione. Ciò significa che all’interno della città consolidata, fatti salvi i soli casi espressamente esclusi dalla legge, si potranno derogare i limiti comunali di volume e di superficie in ogni edificio vecchio e nuovo e questo varrà, per sempre, per ogni destinazione d’uso e per ogni singola unità immobiliare.
In sostanza la pianificazione comunale viene d’autorità scavalcata e a poco serve la giustificazione che comunque dovranno essere rispettati gli altri parametri edilizi, in quanto la deroga ai limiti di volume e superficie consentirà la generalizzata densificazione del territorio comunale, rendendo più difficile quella rigenerazione urbana a scala vasta che è l’unica in grado di migliorare il contesto urbano delle periferie.
Nemmeno i centri storici sono esenti dagli effetti negativi della nuova legge, in quanto sono fatti salvi solo gli edifici con vincolo di tutela. Gli altri edifici, pur avendo caratteristiche tipologiche o testimoniali meritevoli di conservazione, potranno essere alterati, con irreparabile danno al contesto urbano e storico di cui fanno parte.
Legambiente, quindi, nel respingere la proposta di legge invita la Regione a limitarsi a definire i principi e le norme di carattere generale per l’utilizzazione dei crediti edilizi e per la rinaturalizzazione dei suoli, lasciando ai comuni il compito di applicarli in coerenza con la propria pianificazione urbanistica. È inammissibile infatti che la Regione, che rivendica larghe autonomie dallo Stato, agisca poi dispoticamente nei confronti dei comuni.
Lorenzo Cabrelle – Legambiente Padova
Qui potete scaricare il dossier di Legambiente Padova sul Piano Casa della Regione Veneto
… per fortuna che la Regione c’è … se fosse per voi, sarebbe la fine dello sviluppo urbano di Padova, spingendo di nuovo tutta l’edificazione ancora di più nei comuni contermini e causando così ancora maggiore distruzione ambientale oltre ad un ulteriore aumento di difficoltà nella mobilità e nei servizi in generale.
Concordo pienamente con quanto espresso dall’Arch.Cabrelle.La legge sembra fatta su misura per i costruttori.Padova ha già pagato un prezzo altissimo negli anni ’50 e ’60 per aver ceduto alle pressioni dei costruttori e ne è uscita sfigurata.Oggi abbiamo un bel proporre di realizzare pista ciclabile e alberata in corso Milano!La città ha perso definitivamente la sua identità storica laddove i costruttori ,d’intesa con il Comune,hanno messo mano.Se poi c’è chi pensa che una ulteriore densificazione sia utile ad evitare che le persone cerchino casa nei Comuni di cintura, credo sia il caso di ricordare che Padova così com’è ha una densità abitativa quasi doppia di Verona e di Vicenza e che mai potrà chiedere all’Unesco di divenire patrimonio dell’umanità per il suo centro storico (riconoscimento che Verona e Vicenza hanno invece ottenuto) perché lo ha violentato ovunque con costruzioni inadeguate al contesto per stile e per volumetria.Philippe Daverio proprio ieri ha sottolineato che Padova ha bisogno di un paesaggista.Mi sembra che la nuova legge non vada proprio in questa direzione.Ritengo molto più urgente una legge sui parchi urbani, che fissi dei limiti minimi non derogabili.Cordiali saluti Sergio Finesso