Abbiamo chiesto ai membri del direttivo di Legambiente Padova di raccontare “Perché ho scelto Legambiente”. Lo chiediamo anche ai soci che ci leggono. Scrivetelo a ecopolis@legambientepadova.it. Lo pubblicheremo.
Francesco Tosato
…perché è un’associazione ambientalista che unisce ambientalismo scientifico e azione politica, basandosi sul motto “pensa globalmente e agisci localmente”, dando quindi importanza alle azioni concrete sul territorio che ognuno di noi può mettere in atto.
Annalisa Scarpa
Credo di essere entrata in Legambiente Padova nel 2008 grazie a Salvalarte: venivo dallo scautismo e mi piaceva l’idea di mettermi a disposizione per il patrimonio artistico di quella che, a poco a poco, stava diventando la mia città. Poi c’è stata Ecopolis e ho sperimentato la possibilità di fare ambientalismo grazie alle storie e alle parole: raccontare buone pratiche e “prendersi cura” dei racconti di chi si affidava a noi per far conoscere progetti e scommesse su un domani migliore. Confesso che, dopo tanti anni, la risposta alla domanda “perché proprio Legambiente” non è immediata: come in ogni realtà associativa, la partecipazione attraversa fasi di maggior entusiasmo e altre di distacco, a volte conflitto. Credo che quello che tuttora mi tiene legata all’Associazione sia la sua capacità di essere nel locale con uno sguardo globale: se vogliamo cambiare il mondo dobbiamo partire da noi stessi.
Stefania Presta
Scelsi Legambiente ai tempi del liceo: mi colpì immediatamente il motto “Pensare globalmente, agire localmente”, era proprio in linea con la mia filosofia e mi permetteva di coniugare l’amore per i grandi temi ambientali con la voglia di contribuire in modo tangibile e pragmatico. Un’iniziativa che mi è rimasta nel cuore è quella che fu svolta con il circolo di Padova nell’ambito della campagna “Salviamo il paesaggio”: per dimostrare quanto il consumo di suolo fosse impattante, occupammo lo spazio di due parcheggi per automobili in centro città e organizzammo un evento con tanto di barbecue! Quello spazio di punto in bianco era stato trasformato in un luogo di aggregazione e di comunità: fu un bel modo di dare un segnale ai cittadini su quanto si possa fare per difendere l’ambiente anche semplicemente nel proprio circondario.
Lorenzo Cabrelle
Era il 2003 quando, novello pensionato, mi sono presentato a Legambiente seguendo il consiglio della mia amica Paola Fontana. La scelta di dedicare parte del mio tempo libero a Legambiente è stata quindi il naturale epilogo del mio desiderio di mettere a disposizione, per giuste cause, la notevole conoscenza in materia edilizia ed urbanistica, che avevo acquisito lavorando al Comune di Venezia.Mi ricordo le anguste stanze della sede di via Monte Sabotino, riempite da pochi arredi e tanta carta, in cui ho trovato un gruppo di persone accomunate da una ferma volontà di cambiare il modello di sviluppo della città a difesa l’ambiente, in un clima di entusiasmo che non poteva non coinvolgermi. Accanto ai due fondatori dell’associazione, Lucio Passi e Sergio Lironi, ruotavano le figure storiche di Legambiente: Paola, già citata, e poi Andrea Nicolello, Rina Guadagnini, Davide Sabbadin, Gabriele Righetto, per citarne alcuni. E proprio con Sergio e Gabriele ho iniziato a prendere confidenza con i piani urbanistici comunali, che erano oggetto della tenace attività d’intervento dell’associazione per ottenere quella modifica dell’approccio culturale alla trasformazione della città, che era ed è l’unica via per garantire la sostenibilità ambientale del territorio. Sono stati anni di impegno, con tante delusioni ma anche con alcune significative vittorie, come quella del referendum contro le cosiddette Torri Gregotti all’Arcella o quella, più recente, contro il Centro commerciale di Due Carrare. Impegno che ho cercato di rendere più proficuo entrando a far parte, dal 2006, della redazione di Ecopolis, occupandomi della rubrica dal significativo nome di “Cemento che ride”, che ha ospitato le nostre proposte per un nuovo concetto di urbanistica partecipata, ma che ha dato voce anche alle istanze di molti cittadini che volevano difendere il loro quartiere dalla spregiudicata attività edilizia. Dovendo fare un bilancio personale, devo essere soddisfatto di avere contribuito al diffondersi di un sentimento, ormai comune, di attenzione alla difesa ambientale del territorio. Un sentimento che ha imposto alle amministrazioni l’obiettivo, ancora lungi però dall’essere conseguito, di porre uno stop al consumo di suolo e di intervenire drasticamente contro i fattori che inquinano l’ambiente. Molti dei componenti storici di Legambiente sono oggi impegnati altrove, ma sono subentrate nuove generazioni e altri giovani si affacciano per raccogliere il testimone. A loro è affidato il compito di mantenere la vocazione storica dell’associazione a favore di una città e di un territorio sostenibili.
Silvia Rampazzo
Mi sono avvicinata a Legambiente perché ero interessata a Salvalarte, una delle tante campagne promosse dall’associazione, una proposta che vedeva vari volontari accogliere passanti e visitatori nei cosiddetti “monumenti minori” della città, luoghi bellissimi e ricchi di storia, ma spesso dimenticati o poco conosciuti, a rischio di chiusura, di oblio e di abbandono. Di questi volontari mi ha colpito la passione e il desiderio di condividere con altre persone conoscenze storiche e artistiche sul singolo monumento e sulla città. Salvalarte mi ha offerto tantissimi stimoli per formarmi e, in un certo senso, per mettermi in gioco in una forma di servizio.Piano piano ho scoperto che lo stile che caratterizzava Salvalarte era lo stesso di Legambiente: l’attenzione e la cura del bene comune; l’impegno a formarsi e a documentarsi prima di parlare, di intervenire e di mobilitarsi; la disponibilità a confrontarsi e a ideare proposte costruttive e concrete; il mettersi in gioco in prima persona, anche su piccole questioni locali con uno sguardo globale, capace di guardare al futuro del pianeta.In me è cresciuta poco a poco anche la sensibilità su temi ambientali e sociali. Riconosco che Legambiente è anche una proposta esigente per chi non si ferma ai luoghi comuni e agli slogan, non usa scorciatoie e si confronta anche faticosamente con l’esercizio della mediazione e della buona politica (o politica con la P maiuscola), però credo che solo misurandosi con i problemi e le questioni di un quartiere e di una città, è possibile costruire alleanze, intravedere risorse e opportunità inaspettate e aggiungere quel piccolo mattone che serve per edificare una comunità più umana, più giusta e più solidale.
Tiziana Mazzucato
Legambiente io l’ho conosciuta andando a scuola. Tutte le mattine, infatti, passavo davanti allo striscione giallo appeso sul terrazzo sopra al panificio che ha sempre attirato la mia attenzione e durante la ricerca di un tirocinio sono riuscita a scoprire cosa c’era oltre lo striscione. Sono arrivata a Legambiente perché sapevo che tra i vari gruppi c’era Salvalarte, e in quanto studentessa di Storia e Tutela dei Beni Culturali cercavo un’esperienza che mi permettesse di attivarmi in un ambito di cui avevo solo letto fino a quel momento. Ed è stato così. La mia prima esperienza di tirocinio mi ha portata a seguire il primo corso di formazione per volontari a tutela dei beni culturali dedicato ai Carraresi, e alla fine mi è stato affidato un monumento, la Reggia Carrarese, che oggi è tra gli otto siti candidati al riconoscimento UNESCO. Il mio impegno per Legambiente è continuato, ho seguito e seguo Salvalarte, che ha compiuto 20 anni di attività l’anno scorso. In questo periodo, noi del gruppo Salvalarte abbiamo cercato di continuare a fare i volontari con le #pillolediSalvalarte, raccontando i monumenti di cui ci prendiamo cura, e adesso ci impegneremo per ripartire.
*foto: andreatosatophotographer