Milioni di bici variopinte in comune: successo e contraddizioni del bike-sharing in Cina

Bike-sharing in CinaIl 2016 ha testimoniato, anche in Cina, il successo inaspettato del bike-sharing, che sta attraendo centinaia di investitori della finanza internazionale e creando milioni di posti di lavoro.

È un cambiamento davvero profondo per un paese che con la sua recente crescita economica ha prodotto un’enorme inquinamento ambientale e ora sente la necessità di un’inversione di rotta verso un modello di sviluppo eco-sostenibile: tra gli mezzi utilizzati c’è anche la sharing economy che nel paese sta permeando diversi settori economici e sociali.

Sono due le principali start-up che nel colosso asiatico si occupano di bike-sharing free floating, cioè di noleggio di bici senza postazione fissa: la ofo, nata in un campus universitario, e la Mobike, ideata da giovani imprenditori.

Le biciclette sono identificate con GPS e un codice specifico che permette, grazie ad una un’applicazione sul cellulare, sia di sbloccarle sia di segnalare la fine del noleggio chiudendo il lucchetto: è sufficiente quindi lasciarla lungo i marciapiedi per i futuri utenti. Il tutto a costi molto bassi: 13-15 centesimi di euro l’ora, abbonamenti annui intorno ai 30 € con cauzione ridotta.

Di fronte alle foto di milioni di colorate bici cinesi messe in comune, tornano alla mente le biciclette bianche dei Provos olandesi, uno dei primissimi movimenti ecologisti del mondo contro l’inquinamento causato dalle automobili: furono i primi a mettere a disposizione lungo le strade di Amsterdam alcune bici bianche slegate per incentivarne l’uso gratuito e condiviso. L’idea era cambiare il mondo partendo dagli stili di vita quotidiani e dalla soluzione di alcuni problemi pratici: a distanza di molti anni uno degli ideatori di una pratica in apparenza idealista trova sempre più collaboratori in Nord Europa ed in Oriente.

Partendo da margini di guadagno molto bassi, la ofo ha raggiunto oggi un fatturato di quasi un milione e mezzo di dollari al giorno, grazie una flotta di milioni di biciclette e trenta di milioni di utenti: il prossimo passo è immettere per giugno 50.000 bici gialle nel mercato statunitense.

Anche grazie a partner come la Foxconn degli I-Phone, l’obiettivo della Mobike è raddoppiare l’attuale produzione, arrivando entro l’anno prossimo a 10 milioni di biciclette, provando così a puntare anche al mercato europeo. Un mercato che l’ofo non vuole affatto ignorare: sono infatti già cominciati i test dell’azienda nelle città europee come Cambridge, dove è stata promossa l’immissione di 20 biciclette per 3 settimane. Nel vecchio continente intanto le società private stanno integrando con il modello senza vincoli il sistema delle stazioni di ancoraggio: la concorrenza sarà sui costi del servizio e sulla qualità dei prodotti.

Uno dei problemi più rilevanti del bike-sharing free floating in Cina è la bassa qualità dei prodotti: di fronte al rapido deterioramento delle bici, gli utenti finiscono per trattarle come usa e getta. A Singapore la Mobike si dovrà dotare, otre a GPS a pannelli solari per verificare lo stato delle bici, di stazioni di ancoraggio e assicurazione in seguito alla regolamentazione dell’agenzia governativa che nella città-stato si occupa dei trasporti. In generale il settore pubblico cinese sta già emanando provvedimenti affinché i proprietari si dotino di personale non più volontario atto al recupero delle bici non più utilizzabili.

Un’importante iniziativa partita in piccolo rischia infatti di bruciare le proprie buone intenzioni per la mancanza di una corretta gestione dei grandi numeri. Si sente dunque la necessità di un intervento governativo per regolare il mercato e fornirgli una solida base economica e gestionale affinché continui a perseguire la riduzione dell’inquinamento e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini: l’obiettivo di lungo termine che la Cina vuole raggiungere è la conclusione della costruzione di nuova Via della Seta che nei prossimi decenni vuole collegare il paese con i mercati mondiali in poche ore grazie a trasporti a basso impatto ambientale e costi contenuti, come la ferrovia ad alta velocità e il bike-sharing, creato ed esportato tramite il dialogo tra le diverse economie e culture.

Francesca Andreotta – redazione di ecopolis, con la collaborazione di Xiaqing Song

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