I film di Lars Von Trier o si amano o si odiano, un po’ come quelli di Terrence Malick. Basti vedere le ‘stelle’ date da Mymovies, uno dei siti di critica cinematografica più aggiornati: si passa da ‘ho passato due ore senza capire un’acca’ a ‘uno dei film rivelatori degli anni duemila’. Melancholia è un pianeta: sta per scontrarsi contro la Terra. Altolà niente catastrofismi: non siamo sulla scia di ‘The day after tomorrow’, niente cittadine distrutte con sottofondi di donne urlanti che finiscono i capelli a forza di strapparseli. L’atmosfera catastrofista non si percepisce mai ed è in verità la cornice che fa da sfondo al matrimonio di Justine, che fin dai primi minuti si capisce essere una donna con evidenti problemi di depressione, o comunque di una fragilità estrema. Justine ha una sorella, Claire.
Molto più forte quest’ultima, decisa nelle sue scelte, fa da sostegno alla sorella che durante la cerimonia nuziale è in un continuo turbinio di crisi che la portano ad allontanarsi dal tavolo degli sposi per fare dei bagni caldi nell’hotel (prima del taglio della torta) fino ad avere un rapporto sessuale con un nuovo collega di lavoro. Intano Melancholia si avvicina alla Terra e malgrado tutti rassicurano che non verrà mai addosso, questo fantastico pianeta azzurro (che attrae molto per i suoi colori argentei) si avvicina sempre più.
E’ fantastico come Von Trier riesca ad intessere maggiormente la trama all’avvicinarsi dell’evento epifanico in cui la Terra sarà distrutta. Quanto più l’argenteo pianeta si avvicina, tanto più Justine aumenta la propria profondità psicologica ed insieme la propria ‘estrosità’. C’è qualcosa di foscoliano e leopardiano in Melancholia: la sera che porta quiete e pace nel coacervo delle passioni umane è rappresentata qui dallo scontro epocale.
L’idea per il film ha avuto origine durante una sessione di psicoterapia a cui Lars von Trier ha partecipato durante il trattamento del suo disturbo depressivo. Uno psicoterapeuta ha riferito al regista che le persone depresse hanno la tendenza ad agire con più calma degli altri sotto una forte pressione, perché si aspettano già avvenimenti spiacevoli. Trier ha poi sviluppato una storia senza i tratti di un film catastrofico e privo dell’ambizione di rappresentare realisticamente l’astrofisica, ma con l’intenzione di esaminare la psiche umana durante una catastrofe.
Luca Brunello, redazione di Ecopolis