In una delle più antiche zone di Padova, nelle vicinanze della chiesa di Santa Lucia, sorge l’oratorio di San Rocco, un edificio cinquecentesco, un tempo sede della confraternita o fraglia dei santi Rocco e Lucia.
Le prime notizie sul manufatto risalgono al 1525, anno in cui i confratelli acqusirono un edificio cadente per ricavarne una sala del capitolo, un luogo abbastanza spazioso per loro riunioni.
Ancora oggi possiamo ammirare la pareti della sala inferiore, splendidamente affrescate, tra il 1536 ed il 1545, da Gualtiero Padovano, Domenico Campagnola, Girolamo Tessari detto dal Santo e Stefano Dall’Arzere. Artisti minori, forse noti soprattutto agli studiosi, eppure protagonisti delle maggiori imprese decorative in città nella prima metà del ‘500. In diversi modi reinterpretarono la lezione di Tiziano, il cui intervento a Padova presso la Scuola dell’arciconfraternita del Santo tra 1510 e 1511 portò a un rinnovamento dello scenario artistico padovano.
Il ciclo della storia di San Rocco, come molti altri, non sarebbe stato realizzato senza l’impulso decisivo alla tradizione della decorazione ad affresco di soggetto religioso dato dalle confraternite padovane. Tali realtà associative laiche, nate per finalità assistenziali e devozionali, ormai ben radicate nel tessuto sociale e religioso urbano e dotate economicamente grazie a lasciti e donazioni, commissionavano per le loro sale capitolari cicli pittorici raffiguranti vite dei santi, della Vergine e di Cristo, con un evidente intento religioso e didattico, riproponendo gli episodi più esemplari ed edificanti. Il coinvolgimento dei fedeli è facilitato dalla “attualizzazione” degli eventi narrati, operata prestando ad alcuni personaggi i volti dei confratelli o inserendo nell’ambientazione delle scene edifici simbolici di Padova.
Lungo le pareti affrescate dell’oratorio si dipana la storia di un santo vissuto nel XIV secolo, molto popolare a partire dal XV, soprattutto nelle aree rurali: San Rocco, originario di Montepellier. Alla morte dei suoi genitori, decise di donare i suoi beni ai poveri e di partire in pellegrinaggio. Mentre era in viaggio, si prese cura di alcuni malati di peste rimanendone contagiato. Si rifugiò in un bosco per attendere la morte in preghiera, ma fu guarito da un angelo e sfamato da un cane che gli portava ogni giorno una pagnotta.
Una leggenda racconta che in seguito morì in carcere, dove era stato rinchiuso per una falsa accusa di spionaggio. San Rocco protegge i pellegini e i viaggiatori ed era invocato contro la peste. Suoi attributi specifici: il bastone e la conchiglia, elementi tipici del pellegrino, la piaga sulla coscia, ricordo della malattia guarita miracolosamente, nonché un cane con una pagnotta in bocca.
Anche gli affreschi dell’oratorio di San Rocco presentano alcuni esempi di “attualizzazione”: si ipotizza che nella scena delle esequie del santo, riquadro attribuito a Stefano dell’Arzere, i volti ben caratterizzati dei artecipanti al funerale, resi peralto con tratti molto incisivi, appartenessero, in realtà ad alcuni confratelli della fraglia.
Negli ultimi anni l’oratorio, oggi di proprietà del Comune di Padova, conosce una nuova vita: ospita spesso mostre di gioielli d’oro, promosse anche dalla Scuola Orafa Padovana. L’ultima, in ordine di tempo, Preziosa young 2019, si è conclusa pochi giorni fa, mentre la prossima inaugurerà il 23 novembre (qui per maggiori informazioni). L’organizzazione di queste esposizioni a Padova non è casuale: la città “continua a rivestire un ruolo di rango internazionale nell’ambito dell’oreficeria contemporanea, come centro di produzione, ricerca e studio del gioiello artistico”.
Silvia Rampazzo – redazione ecopolis