Il racconto della difficile estate palermitana agli occhi di un ambientalista
Se qualcuno poteva ancora avere dubbi sulla correlazione tra i cambiamenti climatici e la proliferazione dei tantissimi incendi nel nostro paese e in gran parte dell’Europa occidentale, l’estate 2023 ha preoccupato molto gli ambientalisti ma anche alcuni illustri rappresentanti di una parte più negazionista del nostro paese.
Pur abitando a Padova da alcuni anni, ho vissuto in prima persona i giorni peggiori di questa crisi (l’ultima settimana di luglio) e la rabbia di chi mi circondava nei confronti, prima di tutto, di coloro che gli incendi li hanno appiccati, ma ad un livello più profondo verso l’assenza di politiche di prevenzione e contrasto, nonostante gli incendi in Sicilia siano un problema ormai ricorrente da tante estati.
Tante persone, soprattutto nella provincia di Palermo, hanno dovuto lasciare la propria casa, tantissime (anche in piena città) sono state private di servizi essenziali quali l’energia elettrica, hanno lasciato i luoghi di vacanza (perché anche le vacanze sono un diritto) per le fiamme.
L’incendio che ha colpito la discarica di Bellolampo ha provocato diversi disagi: nella raccolta dei rifiuti, il rischio di contaminazioni di diossina (le analisi pubblicate dall’ARPA hanno poi confermato livelli molto alti di diossina in vari punti della città anche giorni dopo la fine degli incendi).
Per evitare possibili contaminazioni di diossina, l’amministrazione di Palermo ha imposto il divieto di consumo di carne, latticini e uova nelle parti maggiormente colpite dai roghi, mentre l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo ha raccomandato ai cittadini di non uscire di casa.
Gli incendi hanno colpito la città di Palermo e i quartieri più periferici, la provincia, la discarica di Bellolampo e infrastrutture essenziali per la vita di tutti i giorni quali gli aeroporti di Catania e di Palermo (Punta Raisi).
Nel caso dell’aeroporto di Catania, uno tra i più trafficati a livello nazionale, il disagio della chiusura del terminal principale è durato molte settimane e ha visto l’allestimento di voli alternativi e punti di ristoro per le lunghe attese. È stato coinvolto anche l’aeroporto di Palermo, chiuso il 25 luglio proprio per l’incendio che si è sviluppato in provincia.
Come spiega bene un articolo de il Post, gli incendi che colpiscono le regioni del Sud Italia non sono commessi quasi mai da “piromani”, persone affette da un disturbo patologico, ma da incendiari che li provocano per motivi personali: vendetta, intimidazione mafiosa, ricatto, motivi ideologici, vantaggi nell’utilizzo dei terreni bruciati.
Se gran parte degli incendi è quindi provocata dagli incendiari, una parte non indifferente è provocata da disattenzione o pratiche agricole sbagliate.
Il Governo regionale di Renato Schifani ha dichiarato lo stato di emergenza, come previsto dallo Statuto speciale, e chiesto il riconoscimento dello stato di emergenza nazionale, mobilitando – a fronte di più di 300 incendi dalla fine di luglio – diverse migliaia di lavoratori del corpo forestale, centinaia di volontari della protezione civile.
Legambiente Sicilia ha, giustamente, chiesto un intervento più deciso per lo spegnimento delle fiamme con la mobilitazione dell’esercito, e ha proposto l’adozione di un sistema di prevenzione e gestione che potenzi le azioni di presidio sul territorio e che rafforzi le dotazioni e il personale addetto allo spegnimento.
Una proposta in linea con le soluzioni dell’associazione a livello nazionale: un’integrazione tra la pianificazione forestale e le strategie di adattamento climatico per contenere gli incendi e soprattutto un maggiore coinvolgimento dei cittadini e dei proprietari, con percorsi formativi sia nella cura delle aree boschive più vulnerabili che in quelle che hanno già subito un incendio e hanno bisogno di un ripristino ecologico.
Il cambiamento non può che partire, prima di tutto, dalla responsabilizzazione di cittadine e cittadini nella cura del territorio e nella lotta a mafie ed ecomafie. Allo stesso tempo, diventa sempre più urgente per i governi regionali dotarsi di politiche di adattamento agli effetti del cambiamento climatico costose, strutturali e volte alla protezione della salute delle persone.
Andrea Maiorca, Redazione Ecopolis
la fotografia è di Mike Newbry