La musica di Tartini abbatte muri: nel settecento nasce a Padova il turismo estetico

cappella-reliquie_santo_padova2Nell’Età dei Lumi Padova continuò ad essere una meta del pellegrinaggio religioso, ma a questi si affiancarono, sempre più numerosi, i turisti (…).

La svolta del Settecento fu quella della formazione di correnti di pellegrinaggio non solo religioso, ma anche estetico. Nel quadro della missione antoniana si trattò di un completamento, poiché il pubblico dei pellegrini si allargò grazie a nuovi mezzi di comunicazione per raggiungerli.

La scommessa fu quella non di erigere muri per tenere gli “infedeli” fuori dai luoghi di culto, ma al contrario di raffinare pratiche devozionali che potessero toccare il cuore e aprire la mente di tutti, attraverso forme di espressione non esclusivamente verbali, tra cui la musica strumentale, come i concerti per violino e orchestra di Tartini.

La musica, come Tartini stesso teorizzava, aveva il potere di abbassare le barriere linguistiche e creare paesaggi sonori dove tutti possono coabitare. Una stampa settecentesca di Francesco Belluno e Pellegrino Del Col (vedi qui) rappresenta l’interno della Basilica con vari visitatori ritratti in atteggiamenti diversi. (…). L’atteggiamento secolare e quello religioso vengono presentati come due aspetti coesistenti e compatibili.

Oggi a chi entra in Basilica tutto ciò non stupirebbe, poiché da allora le cose, in questo senso, non sono cambiate di molto. Eppure, se un gruppo di viaggiatori del Settecento potesse visitare la Padova del nostro tempo, molti rimarrebbero sorpresi e forse delusi dalla diversità del paesaggio sonoro.

Nell’Età dei Lumi, la bellezza della musica nelle varie chiese patavine offriva infatti una risorsa di grandissimo valore estetico e spirituale, accessibile a tutti. L’attrazione principale era l’orchestra della Basilica – una delle migliori del mondo – che dal 1721 al 1765 ebbe a capo un violinista e compositore leggendario, una star mondiale: Giuseppe Tartini.

Nel 1785 Padre Bonaventura Perissutti, Provinciale dei minori conventuali, pubblica Notizie divote ed erudite intorno alla vita e all’insigne Basilica di S. Antonio, (…) in cui tratta la musica alla pari delle decorazioni artistiche, scrivendo, tra l’altro che “le predette cantorie per la musica sono arricchite da un drappello di 16 cantori e 24 suonatori di vari stromenti” (…).

Tra i visitatori settecenteschi non religiosi ci fu Charles Burney, che visitò Padova nel 1770, e nel suo diario di viaggio inizia a descrivere la sua visita dalla massima attrazione turistica, la Basilica del Santo (…): “una struttura gotica […] con sei cupole […], estremamente ricca e con una quantità di opere e ornamenti da sembrare gremita di dipinti e sculture”. All’entrata rimane folgorato dalla “maestosa vista di quattro organi immensi” ed estasiato dalla musica, poiché persino “nei giorni normali quaranta musicisti sono impiegati al servizio in chiesa: otto violini, quattro viole, quattro violoncelli, due contrabbassi, quattro fiati e sedici voci. Ci sono otto castrati salariati, tra cui il signor Gaetano Guadagni che, per gusto, espressione, figura e presenza scenica è il più insigne della sua professione”.

(…) Tartini è il grande assente nel diario di Burney. Il musicista era scomparso pochi mesi prima, “una perdita immane”. (…) Per Burney un miracolo di Tartini, era il suo “dono soprannaturale” di suonare in modo “divinamente cantabile”. (…) Era questa capacità di Tartini di lasciar parlare e cantare il suo violino come se avesse la lingua, che lo rese famoso in Europa a partire dagli anni ’40, quando la sua musica cominciò ad apparire nella programmazione parigina del Concert Spirituel (…) .

Anche le opere di teoria musicale di Tartini riflettono il nuovo orientamento cantabile. Se ne rese conto Jean-Jaques Rousseau che nel Dictionnaire de musique (1768) eleva il sistema armonico di Tartini al di sopra di quello di Rameau in quanto più naturale” (…).

Il mito di Tartini come musicista dotato del potere di far cantare e parlare il violino si diffonde durante gli anni in cui nella Basilica del Santo viene costruita la cappella delle reliquie, inaugurata nel 1745, con statue rappresentanti angeli nell’atto di suonare un concerto quasi ad onorare la reliquia più preziosa: la lingua del Santo (…).

Si può solo immaginare l’effetto che poteva avere sui fedeli la percezione della presenza della lingua del Santo durante una funzione con la musica di Tartini. A molti avrebbe potuto ricordare una rivisitazione del mito di Orfeo fatta da Ovidio nelle Metamorfosi: (…)la lingua senza vita del mitico cantore, separata dal resto del corpo, continuava a mormorare mentre la natura circostante rispondeva simpaticamente.

(…) Dopo la morte di Tartini, i suoi concerti per violino e orchestra (…) venivano riproposti in Basilica in occasione della festa della Lingua: indicazione di come la lingua di Sant’Antonio e la musica di Tartini fossero dotate di un’eloquenza capace di trascendere i limiti della comunicazione esclusivamente verbale.

L’età dei Lumi e il culto delle reliquie sembrerebbero fenomeni incompatibili. Eppure è nel Settecento che la lingua di Sant’Antonio viene a rappresentare un’idea modernissima di lingua universale. La carica utopica della missione antoniana, con il suo ecumenismo radicale, venne rilanciata su più fronti (…). E la musica di Tartini appare perfettamente inserita in questo contesto di rinascita illuministica della missione antoniana, che prevedeva anche l’inclusione, tra i visitatori alla Basilica, di persone dotate di una sensibilità non esclusivamente religiosa ma anche estetica.

La missione antoniana, in un momento di crisi dei valori religiosi, riuscì non solo a sopravvivere ma persino a crescere grazie alla volontà e capacità di abbattere barriere culturali, sociali e linguistiche anche attraverso la musica, concepita come lingua viva e universale.

di Pierpaolo Polzonetti

sintesi a cura della redazione di ecopolis di un lungo articolo di Polzonetti apparso con il titolo “Tartini e il Santo” sul n.ro 189 della rivista Padova e il suo territorio

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Si ringrazia Giorgio Ronconi, direttore responsabile, per la disponibilità