Difficile stare dietro al balletto frenetico riguardante le varie possibili localizzazioni del nuovo ospedale di Padova.
Riprendiamo su ecopolis un periodo di articoli di analisi, iniziando da Italia Nostra e Legambiente. Sono le osservazioni al Documento Preliminare relativo alla variante al P.A.T. quando il Sindaco pensava a San Lazzaro.
Utili gli aspetti di metodo sollevati e le premesse che richiamano alla dimostrazione dell’effettiva necessità di un nuovo ospedale e perchè ricordano che l’eventuale spostamento da Padova Ovest a San Lazzaro modifica le strategie di sviluppo urbano e territoriale definite dal PATI (Piano di Assetto Territoriale Intercomunale), comportandone una necessaria revisione.
Entrambe le associazioni ritengono comunque che la scelta migliore sia quella di un ospedale di tipo diffuso, riorganizzando e rifunzionalizzando l’attuale area ospedaliera e prevedendo un’espansione all’interno del rione Portello: sarebbe infatti opportuno considerare di decentrare alcune attività di ricerca e didattica nei molti spazi inutilizzati o sottoutilizzati presenti nel Quartiere Portello, recuperando nello stesso tempo l’attuale degrado e abbandono dello storico rione. La riorganizzazione dell’area esistente permetterebbe anche di realizzarne il recupero ambientale, che dovrà restituire ai cittadini le mura cinquecentesche e riportare alla luce il canale di S. Massimo.
Sperando quindi in un ripensamento in questa direzione per la rilocalizzazione del nuovo ospedale, le associazioni hanno presentato un documento in otto punti entrando nel merito della possibilità di localizzare il polo ospedaliero nell’area di San Lazzaro. Area che presenta indiscutibili fattori positivi, come la proprietà pubblica di una buona porzione del perimetro individuato, la presenza di una Casa dello Studente ed il fatto che detta localizzazione si pone in alternativa alla precedente decisione di vendita di parte delle stesse aree per la realizzazione di un grande Centro commerciale.
Ad oggi però non risulta esserci alcuno studio sui riflessi urbanistici, in particolare nei confronti del Quadrante Nord-Ovest di Padova: è più che mai necessario un disegno urbano coerente ad integrazione del Documento Preliminare, o in subordine la Variante al P.A.T. che ne deriverà. Per la soluzione tipologica ed architettonica dell’intervento, che non potrà essere concepito come una struttura isolata ed indifferente al contesto urbano e paesaggistico ma dovrà offrire alla città una serie di servizi integrati, si rimanda al decalogo messo a punto agli inizi del 2000 dalla commissione nazionale istituita dall’allora ministro Veronesi e dall’architetto Renzo Piano, che fra le altre cose indica l’importanza della persona nell’organizzazione della funzione e degli spazi e l’integrazione con il territorio.
Non secondario è inoltre il fatto che la scelta di destinare a servizi aree comunali riduce la possibilità del Comune di mettere a disposizione superfici pubbliche su cui fare “atterrare” i crediti edilizi ed applicare la compensazione edilizia.
Altri fattori positivi della “opzione San Lazzaro” sono la facile accessibilità dal sistema delle tangenziali e dal sistema autostradale e la prevista realizzazione di una nuova stazione del Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale, mentre molti dubbi vi sono sull’opportunità di localizzare a San Lazzaro la stazione dell’Alta Velocità, dovuti all’ulteriore afflusso di traffico che un nuovo polo d’intermodalità attrarrebbe sommato a quello creato dal nuovo ospedale. Ad appesantire ulteriormente la situazione ci sarebbe il completamento dell’Arco di Giano, vera e propria “tangenziale interna”: il nodo della mobilità sembra quindi da sbrogliare, perché con le attuali soluzioni si determinerebbe un consistente aumento di traffico.
Da non dimenticare la questione idraulica: l’area di San Lazzaro, nelle planimetrie relative agli scenari di media probabilità del “Piano di Gestione del Rischio Alluvioni” aggiornato dall’Autorità di Bacino nell’aprile 2014, risulta inserito tra le aree allagabili. La compatibilità idraulica di una scelta tanto importante e impattante deve essere perciò verificata sulla base degli studi e delle indagini più aggiornate svolte dall’Autorità di Bacino.
Dubbi sorgono inoltre leggendo pagina 10 del Documento Preliminare, dove si legge che la variante conferma il numero di grandi strutture di vendita previste da P.A.T. e P.A.T.I.. Tale scelta non è condivisa dalle due associazioni, che non sentono assolutamente il bisogno di “nuove grandi strutture di vendita” nel territorio comunale, già vessato dall’esagerato numero di centri commerciali che, come denuncia l’ASCOM, esasperano gli effetti della perdurante crisi economico finanziaria.
Si pone inoltre l’attenzione sulla necessità di definire già da oggi con certezza le funzioni da attribuire alle strutture ospedaliere che comunque si prevede di conservare (aree ad ovest di via Giustiniani), e l’uso degli spazi che verranno liberati con la demolizione degli edifici esistenti sottraendoli ad ogni possibile attesa speculativa.
Rispetto all’attuale area di via Giustiniani si rende indispensabile la realizzazione di un organico programma di riqualificazione e rigenerazione urbana coniugando fattori ambientali, economici e sociali, e prevedendo la compresenza di una pluralità di funzioni urbane evitando la formazione di quartieri monofunzionali. La scelta finale dovrà essere sostenibile per tutto il quartiere del Portello, già oggi sofferente per una non equilibrata caratterizzazione funzionale e per l’assenza o carenza di servizi destinati alla popolazione residente.
Per leggere il Documento completo clicca qui.
rielaborazione del documento di Italia Nostra e Legambiente Padova
a cura della redazione di ecopolis
Sono colpito da come anche le associazioni ambientaliste siano intente più che a definire strategie per la cura alla sola localizzazione del “nuovo” ospedale. Proprio quando si stanno chiudendo diversi nosocomi (quello di Mestre è solo l’esempio più eclatante) ci si limita a obiettare sul “dove” e sul “come” espandere. L’idea di “cura” è ben diversa in altre regioni, ad esempio in Emilia-Romagna, dove si accudisce il malato tendenzialmente nella propria abitazione, o nei presidi medici diffusi nel territorio, abbattendo costi economici, di impatto ambientale e di gestione ospedaliera. In sostanza: le idee di ricovero, di cura e di clinica si evolvono progressivamente in funzione dei rapporti sociali e delle innovazioni tecniche (Michel Foucault docet). Dal punto di vista tecnico proporre nuovamente una macro struttura ospedaliera, pensando che ciò sia risolutivo per la cura e la ricerca medica è un grave errore, che porrebbe ipoteche notevoli sulla città. Mi pare invece si debba ragionare sui “numeri” e sui “modelli”: numeri di ricoveri, costi e distanze, modelli innovativi di gestione del malato. Vorrei ricordare infatti che l’obiettivo centrale della Sanità Pubblica è, appunto, la salute pubblica e non l’espansione universitaria, per creare qualche baronato in più, e cittadina, per aiutare le imprese edilizie. E se è vero che la popolazione ospedalizzata è sempre più anziana è altrettanto vero che questa tendenza sarà tendenzialmente maggioritaria nel tempo.
Sappiamo cosa significa per un anziano essere ricoverato e sappiamo che i tempi di degenza, per questa tipologia di malato, sono necessariamente lunghi., con tutto ciò che ne consegue per costi sociali ed economici. In ultima, pensare ad espandere le “cliniche”, ripeto: modello di cura che sta entrando in crisi irreversibile, verso il Portello significherebbe devastare ancor di più la morfologia di un quartiere già duramente provato dall’espansione degli edifici universitari. Senza contare ciò che si creerebbe dal punto di vista del traffico l’ungo l’asse di via Belzoni – Ognisanti – Fistomba, con ciò che possiamo facilmente immaginare di indotto su via Morgagni e nodo di piazzale Stanga.
Paolo Pavan – architetto
pensare ad un “ospedale diffuso” in un quartiere densamente popolato e trafficato come il portello come soluzione? boh! dopo le stravaganti proposte di bitonci che ha spostato l’opspedale qua e la come fosse la madonna pellegrina, penso che bisognerebbe fare delle proposte ecologicamente serie sulla base delle due alternative su cui è vi è uno studio in atto (padova est e ovest) non perdere altre occasioni e non sparare l’ennesima bitonciata con altri imporbabili siti…stiamo parlando di un ospedale “Hub” per la sanità veneta nazionale e internazionale con un polo universitario e campus studenti…tutte le nuove moderne strutture ospedaliere sono realizzate in ampi spazi verdi con facile accesso stradale e di mezzi pubblici…