Cohousing ecologico a Padova: un sogno che si fa casa

Inaugurata a Padova in zona Sacro Cuore “Bethesda”, comunità residenziale frutto di un progetto di cohousing ecologico.

Un casolare abbandonato, ristrutturato nel rispetto del territorio e dell’ambiente, torna a vivere grazie alla condivisione di sogni, di risorse e di spazi.

Il 1 giugno 2017 vi abbiamo presentato su Ecopolis (leggi qui) il progetto di recupero della vecchia casa colonica di via Adige 35, in zona Sacro Cuore. Oggi – a distanza di un anno e mezzo circa – lì, al posto di un rudere abbandonato, sorge Bethesda, o meglio la struttura che ospita una comunità residenziale composta da quattro giovani famiglie, un esempio di (e)cohousing, cioè di ristrutturazione ecologica del patrimonio urbano.

Grazie al progetto, domenica 14 ottobre in una luminosa giornata d’autunno, è stata finalmente restituita alla città una dimora storica costruita a cavallo tra ‘800 e ‘900, oggi ripensata e restaurata nel rispetto del territorio agricolo urbano, della cultura dei materiali e delle tecniche murarie dell’epoca.

La regina della festa è stata l’ex stalla, il cuore nevralgico della struttura, risalente addirittura a inizio‘800. Ripristinata nell’assetto iniziale, ha come accesso una scala di mattoni in laterizio, ubicata in corrispondenza di uno dei quattro portici centrali. Entrando si notano le capriate originarie, realizzate con travi in legno di rovere, ora ripulite e riverniciate.

In continuità ideale con la sua funzione primitiva, oggi il salone di 200 m2 ospita una cappellina ed è adibito a luogo d’incontro per l’intera comunità, nonché a spazio di gioco e di studio per i bimbi e i loro amici e compagni. Insomma, è un luogo dove condividere la vita nel suo farsi quotidiano, un open space aperto alla collettività largamente intesa. La sala comprende anche un piccolo spazio di circa 25 m2 che probabilmente ospiterà persone in difficoltà.

Ai due lati della stalla sono state ricavate quattro unità abitative, realizzate in mattoni, probabilmente i primi mattoni sfornati dalla vicina fornace Morandi, oggi interessante testimonianza di archeologia industriale. L’edificio è munito di muri in laterizio, forti, resistenti e spessi circa 40 cm e ha conservato la sagoma originaria, pur nei limiti della sua funzionalità. I proprietari, pur potendo approfittare del piano casa, non hanno voluto modificare l’assetto originale dell’abitazione: per esempio hanno adibito il recupero attrezzi a garage con 4 posti auto, anziché far costruire un garage per ogni unità. 

Un sistema centrale a biomassa riscalda i quattro appartamenti, ciascuno dei quali peraltro provvisto di un camino a pellet, mentre un impianto fotovoltaico di 4 kw, assicura sufficiente illuminazione al corpo centrale della struttura, la ex-stalla. È stato preservato il filare alberato che costeggia il sentiero di accesso al casolare. Inoltre, rimane in previsione un orto sociale da ricavare nei 5000 m2 di terra disponibili, così come nel sogno iniziale.

Antonio Huaroto, architetto e referente del comitato Vivere bene a San Bellino, ha seguito i lavori, come “facilitatore ecologico”: “visione e creatività sono importantissime – racconta – tutto è nato da un sogno che ha camminato sulle gambe di più persone. Così da zona di degrado questo casolare è oggi un volano per la sensibilità della comunità: in Veneto ci sono moltissimi casolari abbandonati che, proprio come questo, possono essere recuperati e restituiti alla città quali patrimonio urbano”.

Ecco un bell’esempio di lotta intelligente al degrado e di recupero di edifici dismessi e inutilizzati!

Laura Fasanetto – redazione ecopolis

Per qualsiasi informazione sulla comunità Bethesda o sui lavori compiuti, Antonio Huaroto è disponibile a titolo gratuito: per i contatti potete scrivere a ecopolis@legambientepadova.it