Bitonci e l’agricoltura: quante amnesie. Ora il Parco nasce dal basso

parco_agropaesaggistico_padova_legambienteA Padova la superficie agricola ammonta al 30% della superficie territoriale comunale: 27.867.993 mq (compresi alcuni terreni non edificati ma non utilizzati per fini agricoli). La legge urbanistica regionale del 2004 ha stabilito per il dimensionamento dei nuovi PAT (i nuovi piani regolatori) un limite massimo alla trasformabilità delle superfici da agricole ad edificabili: lo 0,65%, cioè per Padova non dovrebbe superare i 181.142 mq.

Ma la recente Variante al Piano degli Interventi approvata dall’Amministrazione Comunale, attraverso un artificio contabile, ha incrementato il limite 490.952 mq.

Sono premesse pessime rispetto a politiche di blocco del consumo di suolo e sostegno all’agricoltura, già promesse da Bitonci nel 2014.

“Come in tutto il sistema insediativo del Veneto centrale, spiega Viviana Ferrario dell’Università IUAV di Venezia, anche Padova vede la convivenza tra una struttura urbana policentrica e un’esasperata dispersione insediativa. Nonostante l’intenso processo di urbanizzazione la quantità di aree agricole coltivate nel territorio è rilevante e vi si pratica un’agricoltura economicamente nient’affatto marginale, che però sono costantemente erose dalla espansione edilizia.

Per far fonte a questa continua erosione a Padova si è elaborata – nel corso degli ultimi 4 anni – la proposta di un Parco Agro-paesaggistico metropolitano” con l’obiettivo di sperimentare un modello applicabile non solo all’agricoltura urbana e alle aree periurbane, ma a tutta l’agropolitana.

In particolare Padova ha la particolarità di avere diverse aree agricole a ridosso del centro, sfuggite finora all’edificazione, che possono rappresentare una straordinaria risorsa per i cittadini proprio in quanto coltivate o coltivabili.”

Cos’è il Parco Agro-paesaggistico metropolitano? “La proposta – ci dice l’architetto Sergio Lironi di Legambiente Padova – nasce nel maggio 2012 e viene immediatamente sottoscritta da una trentina di associazioni.

Il PaAM propone di integrare le problematiche dell’agricoltura con quelle della pianificazione territoriale e paesaggistica, accogliendo le istanze contro il consumo di suolo. La convinzione è che per ottenere dei positivi risultati sia necessario operare non solo con l’imposizione di nuovi vincoli, ma anche con politiche attive di valorizzazione del territorio rurale e di nuove forme di produzione agricola più sostenibili dal punto di vista economico ed ecologico.

La localizzazione del parco è prevista nel territorio compreso tra la Brenta e il Bacchiglione, una grande “cintura verde” che faccia da barriera al cemento, e alle ondate di calore estive, interessante tutti i Comuni della Comunità metropolitana padovana.

Un parco vivo e dinamico anche dal punto di vista economico, dove si rilanci l’agricoltura di qualità, le attività agrituristiche, i piccoli impianti per le energie rinnovabili e si valorizzino edifici storici ed aree naturalistiche”.

L’appello delle associazioni trovò un positivo riscontro da parte di alcuni Comuni della cintura urbana. Lo stesso Comune di Padova nel 2014 attraverso Agenda 21 del settore Ambiente attivò un percorso di partecipazione che permise la redazione di un Piano d’Azione coinvolgendo attivamente oltre 40 enti, associazioni di categoria, istituti di ricerca ed associazioni ambientaliste e culturali. Piano che viene approvato dalla Giunta comunale nel maggio 2014.

Nel dibattito preelettorale del 2014, tutta la politica si era espressa favorevolmente per il Parco agro paesaggistico.

Bitonci nel suo programma scriveva che serve “un nuovo PAT elaborato in base a dati demografici aggiornati, che riveda le attuali previsioni e che tenga conto delle necessità di salvaguardare le aree naturali e agricole”.

Ma bastano 2 anni è tutto viene dimenticato e contraddetto. Nell’aprile 2015, con il documento preliminare alla variante del piano degli interventi, in cui non c’è stata nessuna riduzione della cubatura prevista dal vecchio PRG (consente l’edificazione di altri 2.600.000 mc). Poi nella Variante al PAT portata in Consiglio Comunale ad inizio 2016 in cui, in tutto il documento, non c’è un solo un solo cenno al Parco Agropaesaggistico Metropolitano.

Dimenticanza? Forse, per questo le associazioni elaborano delle osservazioni specifiche nelle quali si chiede che nella Variante al Piano degli Interventi venga definita una normativa apposita finalizzata alla salvaguardia e valorizzazione paesaggistica, ambientale ed economica del territorio rurale periurbano. L’esito? Osservazioni bocciate, prima in una commissione Urbanistica secretata, poi dal Consiglio Comunale.

In attesa di qualche iniziativa da parte delle istituzioni (sigh), diversi partecipanti ai lavori di Agenda 21 hanno deciso di dar vita ad una Associazione per il Parco Agro-paesaggistico, dotata di una propria personalità giuridica e finalizzata a promuovere iniziative di carattere culturale, effettuare studi, elaborare progetti e avviare azioni che possano favorirne la costituzione e la costruzione.

Per far nascere il parco dal basso, visto che tante realtà agricole urbane già lavorano in questo senso.

“Si sta procedendo nella mappatura delle aree e dei fattori essenziali per il disegno del Parco – illustra Carlo Bettio, neoPresidente, ed all’attivazione di un apposito sito web, un primo concreto obiettivo a cui si sta lavorando è quello riguardante l’’area del Basso Isonzo, in parte di proprietà pubblica ed in parte di proprietà privata, dove già esistono numerosi orti sociali e dove il Comune di Padova sta ristrutturando un fabbricato rurale da destinare a ecomuseo dell’agricoltura. L’Associazione per il PaAM si è resa disponibile a collaborare su questa iniziativa. Al tempo stesso l’associazione supporta un coordinamento spontaneo nato tra i proprietari dei terreni privati, che con l’assistenza tecnica del vicino Istituto d’Agraria, vorrebbero produrre e commercializzare prodotti biologici sotto l’egida del PaAM.

Se il progetto si realizzasse, la fattoria urbana, attrezzata anche per attività di ristorazione e di incontro sociale e connessa al piccolo museo dell’agricoltura ed alle coltivazioni biologiche dei terreni limitrofi, potrebbe divenire un’efficace esemplificazione di come sia possibile organizzare un’agricoltura multifunzionale. Ma sarebbe solo il primo passo.

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