Riconversione dei vuoti militari: l’esperienza francese

beaumanoir-et-du-guesclin-dinanAttualissimo il tema affrontato in questo articolo: recente è infatti la proposta di inserire all’interno dell’area della Caserma Prandina un parcheggio, ignorando le richieste dei cittadini e le reali necessità della città. Proviamo allora a guardarci intorno ed imparare da esperienze positive portate avanti, in questo caso, dalla Francia.

Appena al di fuori dai confini italiani, l’esperienza della Francia illustra bene gli sforzi necessari per avviare progetti di ristrutturazione delle caserme dismesse. Sotto la tutela del Ministero della Difesa francese sono stati avviati, a partire degli anni 2000, diversi programmi per riconvertire le aree vuote. Il programma MRAI (Mission pour la Réalisation des actifs immobiliers) è l’organo amministrativo responsabile della gestione dei beni immobili ex-militari; decide della nuova utilizzazione degli edifici e conduce studi di riconversione in collaborazione con enti locali e regionali. In concreto, il MRAI ha amministrato 50 casi di cessione immobiliare nel 2012, per un valore complessivo di 114 milioni di euro (contro 69 casi e 105 milioni di euro nel 2011), di cui 6 milioni in appalti pubblici e 79 milioni in cessioni consensuali, attraverso accordi con partner sia totalemente privati che in parte pubblici, come enti pubblici fondiari (EPF).

Un ruolo privilegiato è affidato a progetti incentrati sull’ambito ambientale, sociale e culturale, grazie a fondi finanziari speciali rivolti a progetti attenti allo sviluppo sostenibile. Infatti la Difesa francese ha previsto un piano ambientale mettendo a disposizione un budget di 368 milioni di euro per il periodo 2010-2014, a cui vengono aggiunti i fondi europei che contano per il 10% in media della somma complessiva. E’ interessante notare che il 20% dei 250.000 ha di aree militari smantellate hanno un forte potenziale ambientale, tale per cui fanno oggi parte del programma europeo Natura 2000 per la conservazione della fauna e della flora.

Dal un punto di vista urbanistico, è sempre più diffusa l’idea di sviluppare nei vuoti militari-industriali degli eco-quartieri che soddisfino i bisogni economici, sociali e ambientali degli abitanti del comune. La Bretagna offre alcuni esempi che vanno in questa direzione. A Brest oltre 14 ha di terreni disarmati sono stati ceduti all’ente pubblico fondiario nel 2009, il quale ha trasformato il quartiere del Plateau des Capucins in un eco-quartiere, con alloggi, negozi, strutture sociali (asili nido, centri sportivi, etc). Il progetto, appena iniziato, vanta una buona qualità di vita che attrae già acquirenti, abitanti e commercianti. Il modello dell’eco-quartiere è già molto diffuso in altre città come Parigi, Lione, Nancy, Besançon, etc.

Un ulteriore esempio di riqualificazione si può trovare nella città di Dinan, dove la chiusura, nel 1998, delle due caserme Beaumanoir e Du Guesclin ha liberato una superficie pari al 3,5% (corrispondenti a 14 ha) della superficie totale del comune. Negli anni successivi, per ridare vita all’area, è stato deciso di avviare un piano di sviluppo del territorio che includeva la ristrutturazione delle caserme e la costruzione di nuovi edifici. Questo progetto urbanistico mantiene il 60% del vecchio patrimonio militare e le pietre degli edifici e dei muri di cinta distrutti sono state riutilizzate nella sistemazione del sito. Preservare le parti storiche permette al quartiere di valorizzare il suo passato e di crearsi un’identità attorno ad un ambiente piacevole.

Il vecchio assetto militare delle caserme ha influenzato la disposizione degli spazi pubblici, delle vie pedonali e ciclabili (15.000 m²) e degli spazi aperti. Inoltre particolare attenzione è stata data alla vegetazione, alla diversità delle specie di alberi e arbusti, e all’utilizzo di materiali di riciclo non invasivi per l’ambiente.

Come ultimo esempio citiamo il caso di Lione, dove è prevista a breve l’apertura dei 17 ha della caserma Sergent, dismessa da anni e trasformata in uno spazio aperto, pronto ad accogliere nuove attività, come eventi culturali.

Insomma, numerosi sono gli esempi, da cui dovremmo prendere spunto, che illustrano la trasformazione di luoghi storicamente dedicati all’“arte della guerra” in aree dove fare affiorare una nuova “arte di vivere”, in armonia con l’ambiente.

a cura di Maud Morata

stagista ESTRI – Université Catholique de Lyon – presso Legambiente Padova