Caro Sindaco (reggente) ti scrivo, non consumare suolo agricolo

don albino_appello_pat_rossiEgregio signor Sindaco Reggente,

preoccupati dei gravi danni che sta producendo nel nostro pianeta e anche nel nostro territorio, l’azione imprudente dell’uomo, che indifferente ai devastanti effetti prodotti dalla cementificazione, dall’uso di risorse finite come il suolo, dall’impermeabilizzazione sistematica dei terreni, continua nell’azione egoistica del raggiungimento del proprio immediato interesse senza volgere lo sguardo al futuro e ai propri simili, poiché la gestione del territorio è materia di competenza del Comune, è a lei che ci rivolgiamo come massimo rappresentante di questa istituzione democratica.

L’occasione per dimostrare concretamente una inversione di tendenza rispetto ad un passato anche recente, che in nome di uno sviluppo insostenibile ha consumato aree naturali e agricole, ha trasformato aree urbane senza lasciare adeguati spazi al verde, ai parchi, alla socialità, è quella dell’approvazione del PAT (Piano di Assetto del Territorio).

In quella sede noi chiediamo che ci sia una profonda revisione dei volumi previsti e delle superfici impermeabilizzate, revisione giustificata dall’errata previsione del numero di abitanti insediabili (Padova nei 5 anni trascorsi dall’adozione del PAT ha perso oltre 3.000 abitanti), dagli allagamenti a cui intere aree della città sono soggette per mancanza di un adeguato assorbimento dell’acqua piovana (vedi Forcellini-Parco Iris) e dall’errato calcolo della SAU. I fenomeni di dissesto idrogeologico che si sono acutizzati in questi 5 anni non possono essere ignorati nel momento dell’approvazione dello strumento urbanistico (PAT) che determina per  i prossimi 10 anni il governo delle trasformazioni urbane.

Le osservazioni che dovrebbero essere a nostro avviso accolte riguardano anche le aree delle attività produttive dismesse, le aree militari e l’area dell’attuale ospedale che nel caso del suo spostamento (peraltro discutibile e del tutto inaccettabile se comportasse quote di finanziamento privato o il ricorso, anche limitato, allo strumento del project financing) dovrebbe diventare un grande Parco Urbano.

Nel caso in cui:
– la sua volontà fosse di respingere tutte le osservazioni presentate al PAT (scelta da noi non condivisa);
– non venisse presentato in tempi brevi un nuovo PI (Piano degli Interventi) che non comprenda le zone di perequazione nelle quali non siano ancora partiti i lavori, che ai sensi della Legge Regionale possono essere legittimamente modificate e quindi tanto più sospese nella loro attuazione;
– se nel frattempo venisse rilasciato qualche atto che possa compromettere in modo irreversibile azioni di tutela, come ad esempio l’approvazione in consiglio Comunale di nuove perimetrazioni delle zone di perequazione,
riteniamo che tutto ciò sarebbe la dimostrazione della volontà di perseguire una politica di devastazione del territorio, noncurante dell’interesse pubblico per una sostenibile rigenerazione urbana della nostra città.

Fiduciosi di un suo attento ascolto e confidando in una sollecita risposta, le porgiamo distinti saluti.

Don Albino Bizzotto

Luisa Calimani

Sergio Lironi

Titti Panajotti

Renzo Fontana

Gianni Sandon

Gianna Benucci

Guglielmo Monti

Giuliano Bastianello

Tiziano Tempesta

Lorenzo Fellin

Gianni Tamino

Alberto Andrian

Julain Adda

Michele Mazzucato – Portavoce associazioni area ambiente del Comune di Padova

Maurizio Ulliana – Amissi del Piovego

Andrea Ragona – Legambiente Padova

Stefano Pagnin  – circolo Wigwam “Il Presidio”

Ernesto Ginestri – Comitato Iris

Francesco Zanetti – Wwf Padova

Giorgia Valle – Biorekk

Antonio Huaroto – Comitato vivere bene a San Bellino

Oddone Longo – AR/CO Architettura contemporanea

Franco Zecchinato – Cooperativa Agricola El Tamiso

Coop i dodici mesi – Osteria Fuori Porta

6 thoughts on “Caro Sindaco (reggente) ti scrivo, non consumare suolo agricolo

  1. Auguriamoci che la lunga carriera politica del Sindaco reggente e la consumata esperienza maturata non giochi a sfavore della tutela dell’ambiente, del diritto dei nostri figli e dei nostri nipoti a vivere in un territorio sano, degli interessi, – in definitiva – della collettività. Le lunghe e consumate esperienze politiche, abbiamo purtroppo imparato, tendono verso interessi assai più ristretti.

  2. Io ho un’idea da diverso tempo che ho condensato in questo motto: “la città faccia la città, la campagna faccia la campagna”. Negli anni ’80/’90, complice l’ICI anche sulla prima casa che i comuni vedevano come l’unica vera tassa territoriale propria, i comuni limitrofi a Padova, visto che questa aveva in qualche modo deciso di non velocizzare la sua necessaria (all’epoca) espansione di città, hanno cominciato a costruire (loro sì) a più non posso. Questa visione rinunciataria di Padova non ha fermato l’espansione edilizia, ma l’ha soltanto favorita altrove (ovviamente ci sono anche altri fattori che hanno favorito questo ‘trasloco edilizio’: costo dell’abitazione, desiderio di vivere in case indipendenti o similari, ecc.). Si è determinata una vera e propria losangelesizzazione del territorio che ha provocato una serie di problemi imponenti: i servizi quasi sempre a carico di Padova che però a livello di fondi statali non ha mai potuto godere della quantità di persone servita (c’era un rapporto tra numero di abitanti e risorse inviate dallo stato), la viabilità sempre più disastrosa, le zone produttive a macchia di leopardo e dislocate un poco ovunque, e soprattutto la distruzione, questa sì colpevole, della campagna come ambiente. Uno dei comuni più emblematici in tal senso è Albignasego, un altro è Vigonza, e tutti gli altri non sono poi così da meno. Oggi i costruttori in questi comuni limitrofi,che in alcuni casi nel tempo hanno raggiunto le varie decine di migliaia di abitanti non sono fermi e stanno solo aspettando tempi migliori (se mai arriveranno). La variante al PRG l’ho seguita da presidente del cdq 4 con l’ottimo coordinatore della commissione urbanistica dell’epoca Devis Casetta (oggi in Padova 2020) e tutto il consiglio. In tutti i quartieri furono svolti approfonditi percorsi partecipati. Il cdq 4 con lo studio che ci affiancò all’epoca vinse anche il premio Piccinato per l’urbanistica. Fu un lavoro di notevole mediazione sociale ed è chiaro che ogni mediazione non corrisponde mai al ‘proprio assoluto’. Non conosco bene se ci sono state significative modifiche tra il 2008/2009 e oggi (non mi pare, ma non ne sono certo), e se non ci sono state mi chiedo perchè la parte più assolutista di Legambiente lo vuole rimettere in discussione? Tra l’altro rimettere in discussione qualcosa che ha già avuto varie approvazioni in un iter così lungo e complesso dovrebbe esporre a serio rischio l’amministrazione comunale nei confronti dei privati. Ma soprattutto mi chiedo per ottenere cosa?: per permettere ai comuni limitrofi, in caso di ripresa (e la vedo quasi impossibile), di continuare a distruggere quella che era e sarebbe dovuta restare campagna facendo in modo che Padova non faccia e non sia la città che dovrebbe invece essere? Che senso pragmatico ha tutto ciò? Se non puoi ottenere lo stesso dai comuni contermini, Legambiente, perchè di questo soggetto si tratta, con il suo riferimento storico Sergio Lironi, non a caso ex capo settore dell’urbanistica a Padova, vincerà una vittoria di Pirro che causerà la ‘cementificazione’ ancora più massiccia di quello che resta di quella che sarebbe dovuta essere la vera campagna. … i centri commerciali ‘spar’ sorti più vicino al centro storico di Padova che se li avessero costruiti nel territorio comunale (strada Battaglia, Sarmeola di Rubano) e la problematica dell’ex seminario sono lì a testimoniarcelo con evidenza.

  3. Caro Luca Luciani, perché questo tono polemico? Da quel che leggo sono molte più le cose che ci accomunano che quelle che ci dividono. Il motto “la città faccia la città, la campagna faccia la campagna” lo condividiamo appieno. Solo che Legambiente lo declina così: la città non consumi più la campagna. E quando parliamo di città, ci riferiamo alla città metropolitana, che dovrà trovare un suo equilibrio rispetto sia al sistema insediativo residenziale che a quello agricolo. Guarda caso i due tematismi che il PATI (il Piano di Assetto Territoriale Intercomunale) ha colpevolmente escluso quando ha pianificato la trasformazione del territorio a scala metropolitana. Legambiente ha chiesto al comune di Padova, e ad altri comuni della cintura urbana, di promuovere una variante al PATI che affronti questi temi. Ha inoltre promosso la costituzione di un Parco Agricolo e Paesaggistico Metropolitana, attualmente oggetto di un percorso partecipativo organizzato da Agenda 21, che si pone l’obiettivo di tutelare la residua area agricola metropolitana e di stimolarne il recupero produttivo con l’introduzione di buone pratiche, affinché diventi “l’orto”della stessa città metropolitana. Per quanto riguarda il PAT, nessuno nega l’ottimo lavoro svolto a suo tempo dal quartiere 4, lavoro peraltro coordinato da Devis Casetta e Gabriele Righetto, esponenti del direttivo di Legambiente, ma si deve prendere atto che il nuovo piano urbanistico di Padova è stato eccessivamente sovradimensionato e comporta un inammissibile ed ingiustificato consumo di suolo. Gli errori vanno corretti e si è ancora in tempo per farlo. La drastica riduzione dei milioni di metri cubi previsti dal piano (4,6 milioni che possono essere più che dimezzati) potrà consentire non solo di non consumare nuova area agricola, ma anche di salvare dalla cementificazione alcune delle attuali aree di perequazione. Padova è il baricentro della città metropolitana, deve dare l’esempio ai comuni contermini di saggezza nell’uso del territorio e deve anche obbligarli a ridiscutere le loro politiche di espansione residenziale all’interno del PATI.
    Lorenzo Cabrelle – Legambiente Padova

  4. Ritengo insensata una politica urbanistica, abitativa, residenziale e produttiva, legata ai medesimi schemi in voga da 50 annni (pur con notevoli differenze “formali”). Il contesto sociale, demografico e ambientale del 2014 (non ultimo l’aspetto idrografico) impone un cambio di rotta radicale nella gestione delle risorse (la principale è il territorio), vale per Padova come per i comuni limitrofi. Si possono fare tanti discorsi sul PAT ma l’unica considerazione a mio giudizio vera è che non ci sono alternative alla invivibilità e al degrado della nostra pianura se non nel mantenimento e nella tutela assoluta della rimanente parte ancora non edificata e cementificata. Bisogna intervenire (con intelligenza) solo sul costruito E BASTA. Voler insistere è come pretendere di rispettare il fiscal compact, la legge di stabilità, il pareggio (equilibrio) di bilancio in costituzione e i programmi di ripresa annunciati da Renzi (come la restituzione di 65 miliardi della P.A. alle imprese, tanto per fare un esempio) senza rinunciare ad uno solo dei 90 costosissimi caccia F-35, messi allegramente nel carrello anni fa: cose da pazzi.

  5. basta girare con gli occhi aperti per vedere tutte le case, gli uffici e i capannoni vuoti che ci sono. Un piano urbanistico dovrebbe partitre da una conoscenza precisa e dettagliata dell’esistente, non dall’esigenza di chi ha accumulato capitali di reificarli in mattoni.

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