Parco Colli e gestione cinghiali

I Circoli di Legambiente criticano la scelta del Parco Colli di usare gli arcieri per il controllo della popolazione di cinghiali e daini.

 

Ci siamo riservati del tempo prima di prendere una posizione ufficiale. Tempo che ci è servito per documentarci e analizzare il problema dal punto di vista tecnico, lasciando quanto più possibile da parte l’emotività che la notizia ci aveva generato.

Parliamo della decisione del Parco Colli di selezionare 15 arcieri per il controllo delle popolazioni di cinghiali e daini. Nell’avviso si legge che il corso è riservato a selecontrollori già abilitati dall’Ente Parco ed iscritti nel registro dei selecontrollori.

È bene tenere a mente che il Parco Colli non è una riserva di caccia, che segue il calendario venatorio regionale, pur con tutte le deroghe, ma bensì un’area tutelata con scopo di conservazione della natura, quindi anche della fauna selvatica (L. N 394 del 6 dicembre 1991 e I.U.C.N.). Non parliamo quindi dell’attività “ludica” della caccia, ma di selecontrollo di una specie che indubbiamente sta creando ingenti danni all’agricoltura, al sottobosco oltre che problemi di pubblica sicurezza. In un territorio fortemente antropizzato e imperniato sull’agricoltura, come quello del Parco Colli, la convivenza con gli ungulati necessita di soluzioni concrete e tangibili. Sulla base di questo si è consentito e si consente il selecontrollo dei cinghiali.

Quello che ci siamo chiesti, e con noi molti cittadini, è perché sia sorta la necessità di abbattere questi animali con l’arco. Cos’ha da preferire questa tecnica a quella con il fucile?

La motivazione più o meno ufficiale è che questo strumento consentirebbe di colpire l’animale anche da distanze ravvicinate, quando per esempio venga a trovarsi nei pressi delle abitazioni. Al di là della motivazione c’è però da dire che è la Legge che lo consente (L. n.157 dell’11 febbraio 1992, art. 13, c.2) ed è essenzialmente questo il motivo per cui viene fatto. Vorremmo se non altro capire se è vero che questi arcieri potranno agire anche in movimento o se dovranno utilizzare le postazioni fisse.

Cosa comporterà l’avere questi arcieri in azione nel territorio del Parco Colli, un’area frequentemente ed estensivamente utilizzata da escursionisti, anche in notturna per l’osservazione delle stelle? L’incolumità dei fruitori del Parco è garantita? Sono stati valutati i risvolti, anche in termini di immagine per il settore turistico, che incidenti, che potrebbero verificarsi, arrecherebbero? Non ci risulta vi sia un vero e proprio corpo di vigilanza del Parco. Le guardie forestali sono poche e il dubbio che riescano a tenere efficacemente sotto controllo la convivenza fra arcieri ed escursionisti/fruitori, aleggia.

Sappiamo che i cinghiali sono animali estremamente intelligenti e molto resistenti alle ferite, grazie allo spesso strato lipidico sottocutaneo. Se già con il fucile c’è una percentuale fisiologica di ferimenti senza abbattimento dell’animale, con l’arco questa percentuale va ad aumentare significativamente. Verosimilmente ci saranno quindi animali feriti più o meno gravemente che si aggireranno nel territorio, con aumento della pericolosità sul fronte della pubblica sicurezza. Non secondario è inoltre il tema del benessere animale. Chi si occuperà di recuperare questi animali agonizzanti? Nelle zone di caccia è obbligatorio l’utilizzo dei cani da traccia per il recupero degli animali feriti. Figuriamoci quindi se possono non essere previsti in un Parco Naturale… Ci sono?

A monte di tutte queste considerazioni c’è però un’unica grande domanda: siamo a conoscenza del numero reale della popolazione di cinghiali nel Parco Colli? Perché è sulla base di questo che dovrebbero imperniarsi le strategie di controllo della specie.

Di certo abbiamo solo il numero di abbattimenti (2000 lo scorso anno) e i dati risalenti agli unici due censimenti che ci risulta essere stati effettuati, dei quali l’ultimo del 2017. Sulla base di cosa si decide quanti esemplari abbattere? Perché 15 arcieri e non 30 o 5?

Qual è l’obiettivo dell’Ente Parco? Sterminare l’intera popolazione di cinghiali? Abbatterne quanti più possibile? Fermarsi quando la percezione dei cittadini sarà che non sono più un problema? Se non ti dai degli obiettivi non puoi misurare l’efficacia delle tue azioni. E l’impressione è che si navighi a vista.

Gli esperti insistono moltissimo sulla prevenzione, perché si è dimostrato essere molto efficace in altri parchi regionali, per esempio riguardo la problematica del lupo. In cosa consisterebbe la prevenzione? Essenzialmente nella posa di recinti elettrificati, che tra l’altro la Regione già fornisce a chi ne fa richiesta, per dissuadere i cinghiali dall’avvicinarsi alle zone coltivate. Ma non basta dire all’agricoltore che deve mettere il recinto, nemmeno se glielo fornisci. A queste persone va fatta formazione, va spiegato e dimostrato che sono utili, vanno affiancate nella messa in opera e nella manutenzione. E se l’obiezione è che tutto ciò ha un costo, si può facilmente ribattere che sarebbe ampiamente inferiore a quello dei risarcimenti per i danni creati dagli animali, che si continuano a pagare.

È necessario puntare ad una sorta di equilibrio agroecologico fra coltivatori e fauna selvatica.

Sappiamo inoltre che gli operatori del Parco catturano diversi esemplari di cinghiali con i “chiusini”, e lo fanno con perizia ed efficacia.

Se da un nuovo censimento risultasse un numero di ungulati inferiore a quelli dichiarati/percepiti senza supporto di dati certi, potrebbero risultare sufficienti le opere di prevenzione e le catture tramite chiusini, eliminando quella che di fatto, per come viene gestita, assomiglia molto più ad una caccia per scopi ludici che non ad una meticolosa attività di selecontrollo. Senza un piano di gestione che si ponga metodi e obiettivi scientifici però non lo sapremo mai.

Se queste attività si facessero, potremmo finalmente trattare il Parco Colli per quello che è, ovvero un Parco Naturale Regionale e non una riserva di caccia gestita male.

Riteniamo quindi necessario ed urgente un incontro con l’Ente Parco Colli per chiarire tutti gli aspetti della questione – anche in un’ottica di collaborazione con l’Ente – in particolare per conoscere le precise modalità di lavoro degli arcieri che saranno selezionati, le loro responsabilità in caso di incidenti e i dati sull’entità attuale della popolazione dei cinghiali che ne giustificherebbero l’intervento.

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