Quasi cinquant’anni dal primo Earth Day: cosa manca oggi al movimento ambientalista?

pexels-photo-886521 CroppedIl 22 aprile 1970 negli Stati Uniti aveva luogo il primo Earth Day della storia, la giornata dedicata alla protezione ambientale.

Oggi lo conosciamo come un evento annuale celebrato in tutto il mondo, ma già allora, pur essendo un’iniziativa americana, si trattò della più grande mobilitazione sociale nella storia degli Stati Uniti – e non fu certo un caso.

All’epoca non esistevano regolamentazioni governative o misure cautelative a difesa dell’ambiente, e i segni di questa mancanza erano sotto gli occhi di tutti. Per questa ragione, venti milioni di americani aderirono all’iniziativa, partecipando attivamente ai circa dodicimila eventi organizzati da costa a costa.

La mobilitazione produsse dei risultati immediati: in soli sette mesi venne istituita l’United States Environmental Protection Agency (EPA) e in seguito vennero approvati il Clean Air, il Clean Water e l’Endangered Species Act – tutte regolamentazioni ed enti ancora oggi attivi.

Molte cose sono cambiate da quel giorno di quarantotto anni fa. Per prima cosa, si trattò di una iniziativa bipartisan. Pur partendo da un’idea del senatore democratico Gaylord Nelson, coinvolse entrambi gli schieramenti politici. Due terzi dei membri del congresso presenziarono agli eventi dell’Earth Day, letteralmente chiudendo Capitol Hill per un giorno.

Difficile crederlo oggi, in un’epoca in cui la destra repubblicana ha scelto da tempo un negazionismo ostruzionista nei confronti del cambiamento climatico.

Risultati come questi appaiono molto remoti, considerando le difficoltà e le resistenze che oggi si incontrano nella discussione sul global warming. Secondo alcuni, l’Earth Day stesso avrebbe perso quel peso nelle battaglie ecologiste che aveva quasi mezzo secolo fa.

Secondo lo storico Adam Rome – autore del libro “The Genius of Earth Day: How a 1970 Teach-in Unespectedly Made the Firtst Green Generation”, Hill & Wang 2013 – parte dell’iniziale forza dell’Earth Day aveva a che fare con il periodo storico in cui il movimento era nato, a soli due anni di distanza dal ’68. Inoltre, la situazione ambientale degli Stati Uniti era davvero disperata all’epoca, tanto disperata che tra i maggiori sostenitori del movimento ambientalista c’erano cacciatori e pescatori.

Rome, inoltre, riflette sulla crescita del movimento ambientalista americano: oggi è un apparato politico strutturato, ma sembra aver perso efficacia nel mobilitare la popolazione su tematiche condivise.

In fin dei conti, l’Earth Day alla sua nascita mancava quasi completamente di una vero e proprio coordinamento: lo staff nazionale era composto da un pugno di giovani attivisti, senza una vera direzione centrale e molta autonomia locale. Buona parte delle attività e delle iniziative avvennero nelle Università del Paese, senza nemmeno un evento principale a Washington.

Un’altra differenza è nel tipo di sfide che il movimento ambientalista americano si trova oggi ad affrontare. All’epoca, disastri ambientali, come nel caso della fuoriuscita di greggio lungo le coste di Santa Barbara o il crescente inquinamento dell’aria nelle metropoli come Los Angeles, erano problemi reali, immediati e terribilmente evidenti.

Il global warming invece, la grande sfida ambientale del nostro tempo, è reale ma meno visibile e immediato agli occhi del grande pubblico. Oltre a questo, il Partito Repubblicano ha ormai trasformato la discussione sul clima in un confronto di opinioni tra destra e sinistra, lontano dal merito.

Alcuni osservatori suggeriscono che per ottenere ancora quel tipo di mobilitazione sia necessario un disastro ecologico che metta in evidenza il pericolo – o una maggiore aggressività degli attivisti nel comunicare il rischio – ma forse la risposta è molto più semplice e meno radicale.

L’Earth Day era nato come una giornata di Teach-in promossa nelle Università, e mai come oggi sono presenti corsi e cattedre a tema ambientale al loro interno. Inoltre, storicamente le Università americane hanno sempre avuto un ruolo importante nelle battaglie per i diritti civili, le diseguaglianze e l’ambiente.

Ecco perché, oggi come quarantotto anni fa, dovrebbero essere gli studenti e le Università a rivendicare il ruolo di bussola culturale del Paese – anche come portatori di competenze specifiche. La discussione sul clima necessita oggi più che mai di un movimento intellettuale che guidi il dibattito dal punto di vista culturale, e non come una semplice divergenza di opinioni politiche.

Massimiliano Saltori, redazione ecopolis