La città verde progettata da un italiano, nel cuore della Cina inquinata

city_forestÈ possibile pensare città moderne capaci di accogliere le necessità energetiche e di spazio della popolazione pur rimanendo in un contesto di risparmio energetico ed emissioni limitate?

Secondo un progetto italiano, guidato dall’architetto Stefano Boeri, è possibile.

Si tratta della creazione di un nuovo quartiere nell’insediamento urbano di Liuzhou, nella provincia di Guangxi Zhuang, in Cina.

Un progetto molto simile alla precedente opera di Boeri, il Bosco Verticale, che con le sue torri verdi nel 2015 si era già guadagnato l’approvazione del Council on Tall Building and Urban Habitat.

Il progetto di Boeri e del suo team, il Liuzhou Forest City, è particolarmente ambizioso: al suo completamento, nel 2020, l’opera ospiterà circa 30 mila abitanti e si estenderà su un’area di 175 ettari.

Le varie strutture saranno, secondo il progetto, autosufficienti, alimentate con sistemi di climatizzazione geotermici, pannelli solari fotovoltaici e altre fonti energetiche rinnovabili per un approvvigionamento energetico di minimo impatto.

Anche i trasporti sono stati pensati per generare il minimo impatto ambientale possibile. All’interno del complesso, sarà consentita solo la circolazione di veicoli elettrici, sia su gomma che tramite i collegamenti ferroviari ai vicini agglomerati urbani.

Ad arricchire i complessi residenziali, commerciali e ricreativi, sono previsti inoltre 40 mila alberi e un milione di piante. Il motivo, oltre che estetico, è assolutamente pratico. L’idea è quella di creare un vero e proprio polmone verde all’interno della città, in grado di riassorbire CO2 e polveri sottili a vantaggio della salute pubblica.

Quello di Liuzhou non sarà l’unico progetto di Boeri in Asia. Un altro lavoro più contenuto è previsto nella città di Nanjing, e consisterà di due grandi torri, al cui interno sono previsti uffici, un hotel, un museo e persino una scuola di “architettura green” (quasi a voler tramandare alle prossime generazioni di architetti una nuova idea di urbanistica).

Sembra che ci sia quindi uno spirito nuovo nella Cina moderna, anche se per ora il problema dell’inquinamento industriale rimane allarmante. Secondo uno studio del 2015 dell’organizzazione non profit Berkeley Earth, ogni anno 1.6 milioni di persone muoiono in Cina per malattie cardio circolatorie e polmonari come risultato dell’aria inquinata.

La crescita economica è ancora una priorità rispetto alla protezione ambientale, sia per ragioni di mero profitto che di necessità di lavoro per la crescente popolazione delle città, che senza il sostentamento delle grandi realtà industriali Cinesi, non potrebbe sopravvivere. Ecco perché soluzioni di questo tipo appaiono come un passo in avanti nelle politiche ambientali del paese. Ancora meglio che un simile progetto all’avanguardia sia stato sviluppato da un team italiano.

Massimiliano Saltori, Redazione Ecopolis