Zone 30, per una città a misura di bambino. Lanciata la petizione

Zone 30Muoviamoci – A ruota libera, la rete civica per la mobilità sostenibile si attiva per le “zone 30” e lancia una petizione.

L’obiettivo è la loro diffusione nelle zone residenziali di Padova, «al fine – recita il testo della petizione – di consentire a tutti (piccoli e grandi, pedoni, ciclisti ed automobilisti) di convivere in sicurezza e salute nelle strade e piazze dei nostri rioni e in definitiva per una migliore qualità della vita».

Abbiamo chiesto a Eugenio Varotto, portavoce di Salvaciclisti Padova, di parlarci della loro utilità: “A Padova – ci dice – sono presenti molte aree con limite a 30 Km/h, ma per avere una zona 30 non basta mettere un cartello: l’obiettivo è infatti cambiare radicalmente il rapporto quotidiano con la strada, da luogo di semplice spostamento a luogo di relazioni e socialità”.

“È necessaria quindi – prosegue – la presenza di infrastrutture, come panchine e giochi per bambini, e di una segnaletica specifica, dai sensi unici alle strettoie: lo scopo principale è infatti il miglioramento della qualità della vita, rendendo le zone più sicure per tutti, in particolare per i bambini; ma da una maggiore fruizione delle strade trarrebbero beneficio anche le attività commerciali”. “È essenziale però – conclude – che queste zone non siano calate dall’alto ma siano partecipate dai residenti: non esiste un modello che possa andare bene sempre, serve andare per prove ed errori, interagendo con la cittadinanza”.

Le zone 30 sono previste in Italia dal codice della strada fin dal 1992 (a Padova ne esistono, ma mai rispettate, vedi dossier Legambiente). Sono diffusissime in Germania e stanno prendendo piede anche in Nord-Italia. A Padova esiste dall’anno scorso il comitato dei residenti “Palestro 30 e lode” per la creazione di “zone 30” di 400 m2 all’interno della via, mentre a Pomezia, in provincia di Roma, sono cominciati degli esperimenti della durata di 24 ore.

Le zone vogliono porre in equilibrio il traffico motorizzato con gli altri tipi di mobilità, per sviluppare una maggiore multifunzionalità della strada: dal commercio, alla socialità, al turismo. L’obiettivo è una città più inclusiva, “a misura di bambino”, e dunque di tutte le categorie deboli della strada: il limite di velocità è dovuto infatti allo spazio di frenata, perché se a 30 Km/h bastano 13 metri per fermarsi, già a 50 ne servono il doppio.

L’istituzione di queste zone ha anche un impatto sull’inquinamento, sia atmosferico che acustico: riducendo le fasi di accelerazione e frenata si producono meno sostanze inquinanti e meno rumore.

Proprio a partire dall’altissimo inquinamento e dalla situazione del traffico a Padova, la petizione di “A ruota libera!” (firma on line qui) chiede anche, per ampliare l’uso della bicicletta, l’istituzione in centro e nelle “zone 30” del doppio senso di marcia per i velocipedi, come già avviene in tutta la città di Parigi dal 2010: invece di campagne repressive contro l’uso della bici, scrivono, serve «governare il fenomeno, normarlo e metterlo in sicurezza». L’introduzione del doppio senso sarebbe inoltre uno degli strumenti che permetterebbe, insieme a isole spartitraffico e pavimentazioni discontinue, di rendere davvero operativo il limite di 30 km/h.

A chiedere le istituzioni delle “zone 30” in città è un fronte variegato di associazioni e comitati, che si muovono insieme: oltre a Legambiente e Salvaciclisti, ci sono gli studenti (quelli universitari di UDU ed ASU ma anche a quelli di Studenti Medi), ed alcuni comitati di quartiere come Rete Arcella Viva, Vivere Bene a San Bellino, Che aria respiriamo di Camin e il già citato Palestro 30 e lode. Non manca Il Presidio di Wigwan e La Mente Comune che, portata a Padova la prima ciclofficina, sta insegnando da anni che le bici possono avere molte vite, oggetti facilmente di riciclabili e adattabili.

Nelle sedi di queste associazioni troverete i moduli (oppure scarica qui) per diventare a vostra volta ciclistiattivi nella raccolta firme.

Luca Cirese, redazione ecopolis

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