Cosimo Rega. Tra arte e carcere

Ritrovare la propria condizione umana, il proprio ruolo nella società attraverso l’arte, grazie al teatro in particolare.

E’ successo, può succedere, deve poter continuare a succedere. E’ questo il senso profondo della testimonianza in diretta radiofonica che ci consegna Cosimo Rega, ergastolano, in una lunga intervista (clicca qui per ascoltarla) con Loredana Lipperini, una delle storiche conduttrici di Fahrenheit, programma su libri ed idee in onda tutti giorni su Radio Rai 3.

E’ questo il consiglio che rivolgo ai lettori di Ecopolis per l’estate: prendetevi 30 minuti e riascoltate grazie al podcast questa intervista del marzo scorso, che è ricca di spunti. Non solo per le argomentazioni lucide, sincere e senza scorciatoie che fornisce Cosimo Rega, ma anche grazie alla conduzione della Lipperini. Oltre al teatro e al cinema (Rega è uno degli attori protagonisti del film dei fratelli Taviani Cesare deve morire all’epoca del programma appena premiato con l’Orso d’oro al Festival di Berlino) l’intervistatrice insiste con gli aspetti personali dalla vicenda umana, giudiziaria e carceraria.

Sembra una forzatura, eccessiva, chiedere di riportare i fatti, la biografia. Invece è un modo per non concedere, a noi ascoltatori, di svicolare dall’affrontare una domanda profonda: come intendiamo, nel nostro intimo, la pena: come vendetta, come contrappasso, espiazione? come ci poniamo di fronte a chi, con dolore, ci parla della sua colpevolezza, del suo delitto compiuto trent’anni fa? cosa ci smuove, sapendo che la dimensione del perdono è riservata a chi ha subito l’affronto?

Alla “società” rimane da constatare che il carcere non basta a restituire uomini. Le occasioni passano attraverso altre strade: arte, bellezza, lavoro. Anche – o soprattutto – per chi è un fine pena mai.
Andrea Nicolello