Basso Isonzo e Plebiscito perdono campi: la Variante soffoca la filiera corta agroalimentare

parcheggio_strada_Basso Isonzo_legambienteContinua a destare preoccupazione e delusione la nuova variante al Piano degli Interventi del Comune di Padova voluta da Bitonci.

Ad alzare la voce sono anche gruppi di imprenditori ed operatori della ristorazione, che a Padova operano nell’ambito dell’agricoltura biologica basata su sistemi di produzione e di commercializzazione di piccola/media scala, incentrata sulla comunità di persone e sulle risorse naturali del territorio con proposte alimentari che abbiano origine nel territorio urbano, periurbano o metropolitano. Prodotti quindi di esperienze di orticoltura e agricoltura biologica con una filiera molto corta, prodotti a Km 1.

Il loro auspicio era dunque quello che la Variante al Piano degli Interventi fosse una opportunità per ridurre il consumo di suolo e in generale di valorizzare e tutelare le aree residue agricole che ancora esistono nel nostro territorio, nella loro interconnessione con la città; una occasione per elaborare ed attuare pianificazioni urbanistiche volte a migliorare la convivenza tra spazi urbanizzati e spazi agricoli ridefinendone le relazioni esistenti, in un’ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Ci si aspettava venissero classificate come zona agricola alcune consistenti aree di perequazione, ottenendo davvero quella diminuzione di consumo di suolo che è una delle finalità (disattese) della variante e che era uno degli impegni del Sindaco in campagna elettorale. Ma ancor più si attendevache la Variante al PI facesse propria la proposta nata da un percorso partecipativo sostenuto da Agenda 21 del Comune di Padova, che va sotto il nome di Parco Agro-paesaggistico.

La Variante invece va nettamente in senso opposto individuando, per esempio, aree potenzialmente interessate da “Accordi di Pianificazione”, alle quali – con meccanismi come quelli della perequazione urbanistica – viene assegnata una potenzialità edificatoria (che prima non esisteva) “in cambio della cessione di aree strategiche per la realizzazione di servizi”.

Due accordi sono emblematici e in entrambi i casi l’utile pubblico è tutt’altro che dimostrabile.

Il primo è il caso delle proposte di accordo per i terreni a nord del cuneo verde del Basso Isonzo con più di 20.000 mc di nuove costruzioni e parcheggi di dubbio interesse pubblico. Per compensazione al Comune verrebbero cedute le aree necessarie alla realizzazione di una nuova strada di collegamento tra via Castelfidardo e via Palermo e di un mega-parcheggio: opere che risulterebbero di fatto a servizio soprattutto degli impianti sportivi e ricreativi di proprietà di due circoli privati. Già in un recente passato la proposta di realizzazione della strada e del parcheggio riscontrò la decisa opposizione di tutti gli abitanti della zona e venne bocciata dal Consiglio di Quartiere.

Così come l’accordo per il parcheggio di via Plebiscito, che ben esemplifica la logica del “cemento in cambio di asfalto” ovvero si concedono nuove volumetrie edilizie ai privati (da far atterrare nelle aree di perequazione, in questo caso di via Plebiscito) non per incrementare il verde pubblico, bensì per ottenere gratuitamente aree da asfaltare con strade e parcheggi.

Inoltre dalle Osservazioni di Legambiente e Italia Nostra emergerebbe un’incongruenza per quanto riguarda la Superficie Agricola Utilizzabile (S.A.U.) che risulta quasi raddoppiata, passando dai 216.856 mq del PAT a 462.952 mq. Questo sarebbe possibile solo nel caso in cui la variante restituisse all’uso agricolo una rilevante superficie destinata dal P.A.T. ad essere urbanizzata. Cosa che non è. È molto probabile, invece, che si tratti di un grossolano errore che deriva dall’avere sommato la superficie residua trasformabile del P.A.T. con la superficie riclassificata come Zona Agricola dalla stessa variante.

Il dubbio è che la riconversione in aree agricole delle aree arginali e golenali sia finalizzata ad aumentare la superficie di suolo agricolo trasformabile e quindi edificabile, che però per legge non può superare lo 0,65% della superficie agricola totale. In sostanza si sono sommate due quantità non omogenee. Nella realtà, non c’è nessun raddoppio dei terreni agricoli presenti nel territorio comunale.

sintesi a cura di Elena Coppola, redazione di ecopolis

4 thoughts on “Basso Isonzo e Plebiscito perdono campi: la Variante soffoca la filiera corta agroalimentare

  1. … sono sempre più convinto che la ‘città debba fare la città’: anche i circoli sportivi privati sono una parte di economia e relazioni della città … lo sono allo stesso modo dei privati “imprenditori ed operatori della ristorazione, che a Padova operano nell’ambito dell’agricoltura biologica basata su sistemi di produzione e di commercializzazione di piccola/media scala …” … la città, quando necessita per il suo sviluppo/definizione, si costruisce e si definisce anche con le strade di connessione e con i parcheggi funzionali ai servizi privati o pubblici che siano (quelli sportivi, abitativi e di mobilità mi pare che possano essere ascritti di diritto nella categoria dei servizi ad uso dei cittadini) … in tutto questo il problema non sono secondo me né la strada di connessione, né le nuove peraltro contenute edificazioni, e neanche i parcheggi, ma come tutto questo sarà realizzato, con quali qualità ambientali, con quali qualità realizzative, e anche soprattutto con quali risorse economiche e con quali eventuali modalità di assegnazione di tali risorse …

  2. sarei veramente curioso di sapere sulla base di quali parametri (alias=domanda) si basa l’aumento di costruzioni e parcheggi
    a me risulta che entrambe le domande siano in calo da parecchio tempo
    quanto al pubblico e privato, non sono esattamente la stessa cosa:
    il pubblico dovrebbe essere un servizio, appunto, pubblico
    il privato, se vuole fare il suo businness, usa della sua superficie “privata” per il parcheggio, o dimensiona la sua attività di conseguenza, o la va a fare da un’altra parte

    ovviamente d’accordo su modalità costruttive o di pavimentazione modernamente eco-compatibili

  3. Buongiorno, ma noi cittadini non possiamo far sentire le nostre voci? Abbiamo imparato a subire in silenzio? Non basta la semidistruzione del boschetto, dove vivevano animali di vari tipi e che hanno avuto fortemente ridotta la superficie a disposizione, in cambio di “brutte costruzioni spacciate per “ville nel parco” , ma quali ville, sono case – ripeto non belle – bifamiliari, e un decisament6e orrendo condominio. Vedere per credere. In zona c’è un piccolo corso d’acqua dove vivono anatre, gallinelle dal becco rosso, e – in zona appartata, uno/due/tre aironi: cinerini e bianchi. Che ne sarà? Ha limiti la stoltezza umana? Cosa se ne fanno di migliaia e migliaia di metri cubi invenduti da anni, in città? Invece di trovare lavoro nelle ristrutturazioni per portare a norma innumerevoli edifici costruiti con criteri inadeguati all’oggi, in una visione di difesa ambientale, devastano le condizioni per i figli e nipoti – che sono anche i loro figli e nipoti; c’hanno mai pensato a questa parentela? – Sono molto triste.

  4. Buongiorno Diana e Legambiente,
    sono pienamente d’accordo con voi sulla questione, volevo chiedervi se esiste già una petizione, raccolta firme o quant’altro.
    Dobbiamo iniziare farci sentire e provare a fermare questo scempio!
    Se uniamo le forze possiamo cambiare le cose, magari non cambieranno ma ci avremmo provato!
    Mi rendo disponibile per dare il mio contributo se organizzerete una raccolta firme.
    Attendo un vostro riscontro
    Grazie mille

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